Pandolfi: "Attenzione ai superdiffusori"

Il direttore della Sanità pubblica (Ausl): "Su 100 contagiati, 95 sono asintomatici. La terza ondata? Dipenderà anche dall’impatto delle scuole"

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di Donatella Barbetta

Attenzione ai superdiffusori. Chi sono? Persone contagiate dal Covid, ma che non hanno sintomi e quindi fanno una normale vita di relazione e rischiano di trasmettere il contagio.

Anche nel nostro territorio rappresentano la spina nel fianco per chi si occupa di tracciamento?

"Sì. Sono quei soggetti che non si individuano subito e fanno circolare il virus. Per scoprirli bisognerebbe testare tutta la popolazione con il tampone, ma questo è impossibile", ammette Paolo Pandolfi, direttore del Dipartimento di sanità pubblica dell’Ausl.

Almeno, sappiamo quanti sono?

"Tendenzialmente, su cento contagiati, 95 sono asintomatici e tra questi si può nascondere un superdiffusore".

Il loro numero è quindi collegato al tasso di incidenza. Sta scendendo?

"Di poco. In questa settimana i nuovi malati sono 231 ogni 100mila abitanti. La settimana scorsa erano 261. Quindi una leggera discesa, ma per stare tranquilli l’ideale sarebbe andare sotto quota 50".

Come ci possiamo difendere dai superdiffusori?

"Con le regole che conosciamo, mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani".

L’Rt ora preoccupa meno?

"È a 0,83 e quando è sotto l’uno il sistema è controllato. Tra 1 e 1,25 si fa fatica, sopra 1,25 siamo in difficoltà e sopra 1,5 siamo fuori controllo. A novembre eravamo quasi a 1,5".

In base agli indicatori, qual è il rischio di una terza ondata?

"Potrebbe arrivare. Dobbiamo verificare quanto l’apertura delle scuole superiori potrà condizionare il tasso di incidenza. Lo vedremo nei primi 15 giorni di febbraio".

In questi giorni di pioggia aumentano i rischi di contagio?

"Non all’aperto, ma negli ambienti chiusi sì, perché ogni punto in più di umidità relativa, ossia la concentrazione di acqua presente nell’aria in un ambiente piccolo, aumenta del 7-8% il pericolo di contagio. È consigliabile areare spesso le stanze"

Il Comitato tecnico scientifico osserva che senza un tracciamento completo dei casi, è difficile tenere sotto controllo la pandemia. Da noi come va?

"Abbiamo superato il periodo di difficoltà di novembre e dicembre, adesso riusciamo a tracciare ogni caso".

Eppure, nel bollettino c’è sempre un riferimento alle inchieste epidemiologiche in corso.

"Ma si tratta di indagini già aperte, magari non siamo riusciti a chiuderle perché manca il cellulare di un contatto, che chiediamo a volte anche alle forze dell’ordine. Oggi terminiamo le inchieste in 36-48 ore".

Un altro tema che tiene in allerta sono le varianti del virus: inglese, brasiliana, sudafricana. Abbiamo casi sospetti?

"Al momento no. Chi arriva dal Regno Unito fa il tampone in aeroporto e poi lo mandiamo ad analizzare se risulta positivo. Gli altri viaggiatori provenienti dall’estero hanno il dovere di comunicare alla polizia il loro arrivo, di notificarlo al nostro Dipartimento e di stare in quarantena e se manifestano sintomi di segnalarli al medico curante".

Come mai il virus si comporta così?

"Perché è la sua natura mutare, è il suo lavoro. Quando replica può fare degli errori: alcuni lo rendono più forte e quindi aumenta la sua trasmissibilità, altri lo fanno morire. In futuro, ci potrebbe essere una variante italiana".

Lei segue in prima linea la macchina delle vaccinazioni. Quali sono le aspettative?

"Abbiamo le scorte per terminare il giro iniziale. Ma se in settimana arriveranno le altre forniture, potremo programmare senza ansia la ripresa delle prime dosi dal 7 febbraio".

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