Paolo Cevoli: "Tutti nel fango tra pianto e risa"

L’attore romagnolo tra i volontari dell’alluvione. E nel libro ’Il sosia di lui’ prende in giro il Duce. .

Paolo Cevoli:  "Tutti nel fango  tra pianto e risa"

Paolo Cevoli: "Tutti nel fango tra pianto e risa"

di Claudio Cumani

Racconta di essersi commosso nel vedere quei ragazzini lavorare nel fango e nel parlare con quella gente che un po’ piangeva e un po’ rideva. Perché lui, romagnolo doc con residenza a Castel Maggiore, l’alluvione della sua terra l’ha sofferta, eccome. Al punto da andare per due giorni tra le persone in mezzo all’acqua e al terriccio per postare una serie di video sui suoi social. "Dopo il lockdown – spiega Paolo Cevoli – mi sono concentrato a raccogliere contenuti su Youtube, Instagram e Facebook. È un’attività appassionante". Ma non solo. Di recente è uscito il nuovo libro dell’attore, ‘Il sosia di lui’ (Solferino), in cui si racconta la strampalata vicenda di un ‘omino’ immaginario chiamato Pio Vivadio che ha un brutto guaio: è molto, troppo, somigliante al Duce. Succede così che, nella Riccione anni Trenta, venga rapito dalla polizia dell’Ovra e costretto a restare nello scantinato della Casa del fascio di viale Ceccarini per 9 anni con il compito di sostituire come controfigura il villeggiante Mussolini quando necessario. In particolare quando si reca al Gran Hotel di Rimini a incontrare Claretta Petacci. In realtà ‘Il sosia di lui’ è stato anche un monologo teatrale portato al successo dal comico una decina di anni fa con la regia di Daniele Sala.

Cevoli, normalmente è da un libro che si trae uno spettacolo e non viceversa. Come mai questo percorso all’incontrario?

"Mi sono ritrovato con tantissimo materiale non utilizzato nel monologo e mi è piaciuto ricostruire la storia della Riccione anni ‘30 mischiando storia e immaginazione. Mio padre faceva il raccattapalle a Villa Mussolini e un po’ di cose me le ha raccontate. Allora le località d’élite stavano sul Tirreno e fu grazie a donna Rachele, che parlava soltanto dialetto e voleva restare nelle sue zone, che Mussolini comprò la villa di villeggiatura che porta ancora il suo nome".

Il romanzo, al di là della vicenda immaginaria, contiene verità storiche?

"Certo, racconto come il Duce arrivasse a Riccione o con l’idrovolante da Ostia, o con la littorina avendo fatto costruire un’apposita linea ferroviaria da Roma oppure a bordo della sua Alfa 35 spider. Rievoco anche personaggi esistiti realmente come la giornalaia a cui la polizia chiedeva insistentemente l’elenco di coloro che compravano ‘L’Avanti’. Lei andò da Mussolini a lamentarsene".

È delicato raccontare in modo farsesco un periodo tragico come quello fascista?

"Perché mai? Certe operazioni di Starace rasentano la commedia... Sono vicende vere. Parlo della figlia di Mussolini, Edda, la moglie di Galeazzo Ciano, che pare andasse al largo in moscone per prendere il sole nuda oppure della famiglia di Engelbert Dollfuss, il politico austriaco ucciso dai nazisti a Vienna nel 1934 proprio mentre i suoi cari erano in vacanza a Riccione. E dico dei socialisti che si ritrovavano in una falegnameria del centro per ascoltare Radio Londra o di quell’albergatore anarchico che aveva chiamato i suoi figli Grido, Giordano Bruno e Vendetta".

È più un umorista o un comico?

"Il mio scopo resta quello di raccontare storie su un registro comico. Ho fatto molta tv ma il mio campo di gioco resta il teatro e la scrittura".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro