"Papà morto come un cane Ora vogliamo giustizia"

Migration

"Giorgio, guardi, c’è Giovanna. Sua figlia. La sente?". Sì, Giorgio Benni, 96 primavere, 25 delle quali trascorse a lavorare in Libia come carpentiere, Giovanna la poteva sentire benissimo su quel telefonino stretto da un infermiere. E gridava dalla gioia, tanta sarebbe stata la voglia di dirle anche semplicemente un ’ti voglio bene’. "Ma in quell’ultima telefonata già respirava a fatica, rifiutava il cibo, stava molto male". E sapeva benissimo che da quel letto della residenza per anziani Sant’Anna e Santa Caterina, non si sarebbe più risollevato. L’età avanzata, altre patologie che lo martoriavano, poi è arrivato il coronavirus a spegnere il suo cuore. "Papà sarebbe morto – dice in lacrime Giovanna – ma non adesso. Perché non l’hanno spostato da quell’istituto dove la situazione era drammatica? E’ morto come un cane".

Via Pizzardi. Da cinque anni e mezzo Benni era ospite nella struttura che oggi sta pagando un prezzo altissimo: 18 anziani morti con il Covid-19. "Tutti i giorni – spiega – andavo ad aiutarlo a mangiare ma quel reparto era uno strazio, tante cose da tempo non funzionavano". Il quarto piano, ‘La casa delle stelle’, diventato reparto Covid dove sono stati messi tutti i contagiati. Decine di anziani, con infermieri, medici e Oss sempre meno. "Il personale non aveva i dispositivi – chiosa Giovanna –, non avevano le mascherine, così il virus è entrato e ha fatto una strage. Hanno iniziato a utilizzarli tardi. L’ultima volta che l’ho potuto vedere vivo è stato il 5 marzo. Poi era dentro una bara".

"Denunceremo". Giovedì 2 aprile, alle 21.20, a casa Benni squilla il telefono. E’ la coordinatrice dell’istituto: "Signora, suo padre è morto. Mi dispiace". "Non so nemmeno dove sia morto, – riprende Giovanna – non so nulla di quelle sue ultime ore. Un giorno ho chiamato nove volte per avere informazioni. Le sembra dignità questa? Mio padre ha speso tutti i suoi risparmi per mantenersi in quel luogo perché a casa non riuscivano a tenerlo". Nato a Castiglione dei Pepoli, si era trasferito a Bologna con la moglie, che di anni ne ha 89. L’ultima volontà della famiglia, impotente pure nell’organizzargli il funerale, è stata chiedere al carro funebre di passare davanti a casa. "Ho sfiorato la bara, non sono riuscita nemmeno a salutarlo da vivo. Nella struttura la cosa è stata presa sotto gamba, spero che la magistratura faccia il suo corso. Faremo denuncia, ora è il momento del dolore".

La replica. "Umanamente capisco lo sfogo e la tristezza – la replica che arriva da Gianluigi Pirazzoli, responsabile dell’istituto – Da parte nostra siamo tranquilli per avere sempre fatto tutto quello di nostra competenza. I dispositivi di sicurezza? Sono stati utilizzati".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro