Parisini: "Come raccontare Ghirri attraverso le sue stesse parole"

Il regista bolognese presenta alla Festa del cinema di Roma il documentario ‘Infinito’ sui lavori e gli scritti del fotografo

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Raccontare Luigi Ghirri (1943 - 1992) in un viaggio intimo, personale, attraverso le parole dello stesso fotografo. È un lavoro ambizioso quello di Infinito. L’Universo di Luigi Ghirri, docu-film del regista e sceneggiatore bolognese Matteo Parisini, classe 1980, che partendo da un lungo studio sugli scatti e gli scritti del fotografo emiliano ha lasciato scorrere la voce fuoricampo di Stefano Accorsi, per svelare il mondo di Ghirri come non era mai stato raccontato. La pellicola, realizzata con il sostegno del Comune di Modena e dell’Emilia-Romagna Film Commission, sarà presentata oggi in anteprima nazionale alla Festa del cinema di Roma, per poi tornare nella terra natia del fotografo, la sua Emilia, il 6 novembre a Visioni Italiane (il festival della Cineteca), il 10 al Via Emilia doc fest di Modena e il 16 a Reggio Emilia.

Ghirri, cosa c’è alle spalle di questo Infinito?

"Il documentario nasce da una mia ricerca personale, che poi si è trasformata in lavoro quando ho letto il libro, appena ripubblicato, Niente di antico sotto il sole, che raccoglie proprio gli scritti di Ghirri. Una riflessione poetica sulla fotografia, ma anche sul percorso personale del fotografo e, soprattutto, sul presente che ci riguarda".

Riflessioni attuali, quindi?

"Rispecchiano perfettamente i giorni nostri. Lui amava ripetere che fosse prima una persona, poi un fotografo, e che la fotografia fosse un mezzo per rappresentare se stesso e il percorso umano e intellettuale che lui chiamava di ‘educazione all’immagine’. Già negli anni ‘70 e ‘80 sottolineava come la nostra immagine fosse inquinata, sovraesposta, e come non fossimo più in grado di poggiare lo sguardo su quello che abbiamo realmente intorno a noi".

Nel documentario c’è un lato di Ghirri mai svelato?

"L’idea di raccontare Ghirri attraverso Ghirri, come mai fatto prima, è nata dopo l’incontro con le figlie Adele e Ilaria: a loro l’idea è piaciuta molto. Possiamo dire come non sia un biopic tradizionale, ma un viaggio nella sua dimensione privata, fatta di incontri, personaggi, famiglia ovviamente, dalle figlie alla compagna Paola e alla sorella".

Quant’è vasto il suo archivio?

"Si tratta di oltre 180mila foto. Ma l’aspetto davvero interessante del suo lavoro è che, nonostante fossero scatti spesso fatti a pochi chilometri di distanza da casa sua, riescono a dare profondità di sguardo. È famoso in tutto il mondo proprio perché chiunque è in grado di ritrovarsi nel suo immaginario: un viaggio nella memoria e nell’inconscio, in cui tutti si riconoscono. Poi, a seconda della selezione degli scritto che ho operato, ho ricostruito tutto il mondo ‘esterno’. Il documentario è in prima persona, con la voce di Accorsi, intervallato dai vari incontri che Ghirri ha avuto nella sua vita".

La collaborazione con l’attore come nasce?

"Lui è un grande appassionato di Ghirri, ma è stato anche molto capace di lavorare per ‘sottrazione’ nella pellicola".

In che senso?

"La sua è una voce molto riconosciuta ed è riuscito a entrare perfettamente nel personaggio. Gli scritti di Ghirri sono semplici, ma molto profondi: era importante non caricarli troppo e Accorsi ci è riuscito".

Francesco Moroni

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