L'INTERVISTA / Pascutti e i bolognesi. "Gente simpatica. Per questo li amo"

Ecco cosa diceva ‘Il Gol’ della città in cui era arrivato a 17 anni e che non aveva più lasciato

Ezio Pascutti, uno degli eroi dello scudetto del ’64 (Ansa)

Ezio Pascutti, uno degli eroi dello scudetto del ’64 (Ansa)

Bologna, 5 gennaio 2017 – Era l’1 giugno del 2007, la sua città d’elezione festeggiava i suoi primi 70 anni. E Pascutti, come sempre, dimostrava di ricambiare questo amore. «Gente simpatica, amo via Riva Reno», diceva. Ecco l’intervista integrale di Massimo Vitali in cui ‘Il Gol’ si raccontava tra pubblico e privato, tra campo e politica.

L'INTERVISTA

Settant’anni oggi: alla faccia di chi diceva che non ci sarebbe mai arrivato. «Nel 2000 mi diagnosticarono una leucemia, ma ho avuto la fortuna di trovare medici bravi. Ed eccomi qua». Ezio Pascutti, il numero 11 dell’ultimo scudetto rossoblù, festeggia le settanta candeline. Per la Bologna del calcio è ancora l’omino formato missile che si allunga sul prato del Comunale ad anticipare l’interista Burgnich, segnando un gol che è entrato nella storia del calcio e in quella della fotografia sportiva.

Per i bolognesi, invece, chi è Pascutti?

«Credo un amico. Uno che incontri sotto i portici e ti fermi per chiedergli ‘come stai?’. Lo facevano quarant’anni fa e lo fanno oggi. Forse perché percepiscono che non sono mai cambiato: sono ancora il ragazzino di 17 anni che da un paesino del Friuli scopriva la grande città e la grande squadra. E poi ho una grande forza: vado d’accordo con tutti».

Mica vero: con gli arbitri lei litigava sempre.

«Beh sì, non ho mai avuto un gran rapporto con le giacchette nere. L’unico che mi capiva era Lo Bello. Quando mezza Italia mi fischiava per via della manata in faccia a Dubinski, lui mi diceva: ‘Ezio, stai tranquillo che adesso faccio finta di ammonirti così si placano...’».

Il suo rapporto col calcio oggi?

«Un po’ distaccato. Le vicende del Bologna degli ultimi anni mi hanno raffreddato».

Poi è arrivata la mazzata di calciopoli.

«Uno schifo. Tutte le volte che in televisione sento parlare di questo scandalo cambio canale: è più forte di me. Ma la pulizia non l’hanno fatta per intero».

La sua Bologna del cuore è...

«Via Riva Reno, dove abito, e via Belvedere, dietro il Mercato delle Erbe. Al massimo arrivo in via Ugo Bassi».

Che cosa l’affascina di questa città?

«La simpatia della gente. Altrimenti non ci vivrei da 53 anni».

Che cosa cambierebbe?

«Se è una domanda politica preferirei restarne fuori».

E’ una domanda sulla vivibilità.

«Bologna è peggiorata. Forse sarò di parte, perchè sono amico di Guazzaloca: ma Cofferati non mi sembra che abbia fatto granché. A proposito di sindaci, ricordo invece con immenso affetto Giuseppe Dozza. Nell’anno dello scudetto io e lui avevamo un rito: prima delle partite in casa veniva nello spogliatoio, si toglieva il cappello e palleggiava con me di testa. Tre tocchi io e tre tocchi lui: portò bene».

Pascutti, lei ha segnato una caterva di gol ma gli ipercritici storcevano il naso davanti al suo stile, non propriamente impeccabile.

«E infatti oggi mi riconosco molto in Inzaghi: non è bello a vedersi, ma la butta sempre dentro. E poi credo di aver avuto lo stesso fiuto del gol di Bellucci. Anzi no: forse sarebbe più giusto dire che Bellucci ha il mio stesso fiuto del gol!».

E il Bologna di oggi?

«Serve un cambiamento radicale. Tra giocatori di una certa età con parecchi limiti e giovani che sembrano valere chissà quanto e che invece alla prova dei fatti danno poco, credo che sul mercato andrà fatto un grosso lavoro».

Nel frattempo la Virtus corre per vincere lo scudetto.

«Il problema è che a casa, da mia moglie Emanuela a mia figlia Alessandra, sono tutti per la Fortitudo. E anch’io mi sono adeguato».

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