Patrizio Roversi e le figure retoriche con ironia

Domani alla libreria Ambasciatori presenta il libro di Valerio Sacchetti ’Apediache’. "Filastrocche e disegni per capire la nostra lingua"

Patrizio Roversi e le  figure retoriche con ironia

Patrizio Roversi e le figure retoriche con ironia

di Benedetta Cucci

Chi era Apediache? E Apòcope? Ma anche Aposiopèsi? No, non sono dee greche, bensì figure retoriche, espedienti linguistici che in un discorso creano un certo effetto e che Valerio Sacchetti ha voluto raccontare, anche attraverso filastrocche con protagonista il mondo animale, nel piccolo libro (che però potrebbe essere necessario leggere e rileggere per ben comprendere) ’Apediache. Figure retoriche e capricci grammaticali’. A presentare scrittore e figure retoriche domani alle 18,30 alla libreria Ambasciatori di via Orefici, sarà Patrizio Roversi, grande cultore della lingua italiana.

Roversi, come e perché sceglie di presentare i libri altrui?

"Presentare i libri è una cosa bellissima, perché tutte le volte che prendo in mano un libro in libreria, sono attratto dal titolo ma immediatamente vado nella terza o quarta di copertina per capire chi sia l’autore. E quindi presentare un libro significa relazionarsi direttamente con chi l’ha scritto, mi piace, è l’unico modo per capire nel profondo chi ci sta dietro".

Come presenterà Sacchetti?

"È un intellettuale a 360 gradi, perché è un architetto, un designer, insegna all’università, ha scritto libri sul design e però si diverte a fare anche queste cose. Ma il ragionamento sulle figure retoriche ha a che fare con tutto il resto della sua attività, perché la figura retorica come atteggiamento non riguarda solo la lingua".

Si raccontano le figure retoriche ma c’è tanta ironia.

"Le filastrocche più o meno prese dalle tradizioni fumettistiche, che Valerio inserisce nel libro, sono spessissimo divertenti, comiche. È un modo leggero per trasmettere un pezzo di sapienza che si sta perdendo. E mi vengono in mente le pubblicità di cui siamo inondati. Se analizzi gli spot pubblicitari col criterio delle figure retoriche, capisci molte cose. Allusioni, ripetizioni, dico bianco per intendere nero…"

Sinèddoche, iàto, prosopopèa, anàstrofe, come il "capito mi hai" di Joda in Star Wars, sono anche parole eleganti e affascinanti, un po’ difficili da pronunciare, ma che belle!

"Mi sono annotato su un libriccino tutta una serie di osservazioni sulle figure particolari, e posso dire una cosa sulla ’consecutio temporum’ che cita anche Valerio e di cui sono un grande appassionato. Quando ero studente mi piaceva scrivere dei periodi che erano lunghi anche sei o sette righe, utilizzando una consecutio temporum che assomigliava un po’ ai volteggi di un acrobata. Sono uscito dal liceo classico e avevo questa prosa, poi con il mio maestro Giuliano Parenti, verso i vent’anni ho fatto un libro, ’Giochiamo davvero’, e lui, leggendo le mie parti mi disse: ’è tutto giusto… ma che due maroni’ e mi insegnò a scrivere da minimalista. Gliene sono grato, ma anche ora, quando scrivo i messaggini, ci metto il punto e virgola, i due punti, i puntini di sospensione, non mi rassegno alla sciatteria".

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