Penne al veleno, 30 anni ad Asoli Uccise il patrigno con il nitrito di sodio

Camera di consiglio di 12 ore per decidere il destino del ventenne, che intossicò anche la madre

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di Federica Orlandi

Trent’anni. È questa la sentenza stabilita dalla Corte d’Assise per Alessandro Leon Asoli, il ventenne accusato di avere vere avvelenato con un piatto di pennette al salmone ’condite’ con nitrito di sodio il patrigno Loreno Grimandi, 56 anni, e la madre Monica Marchioni. Era il 15 aprile 2021: Grimandi morì tra atroci sofferenze, nella loro casa a Ceretolo di Casalecchio, mentre Marchioni, che ingerì solo un paio di forchettate di pasta, se la cavò con qualche giorno di ospedale.

Così ieri in tarda serata, dopo una camera di consiglio fiume durata quasi dodici ore, il presidente della Corte d’Assise Pier Luigi di Bari ha letto in aula il dispositivo: trent’anni per il giovane, a fronte di una richiesta della pm Rossella Poggioli dell’ergastolo per l’omicidio consumato e di 18 anni per quello tentato. Riconosciute le attenuanti generiche, i giudici hanno stabilito inoltre per Asoli tre anni di libertà vigilata una volta scontata la pena, poi un risarcimento di 500mila euro alla madre di Loreno Grimandi e una provvisionale di 750mila per Marchioni (rappresentata dall’avvocato Gabriele Giuffredi), costituitesi parti civili. Motivazioni attese in novanta giorni.

Ieri mattina la Corte D’Assise si è riunita in camera di consiglio poco dopo le 11, a seguito delle repliche della difesa di Leon Asoli, rappresentata dall’avvocato Fulvio Toschi. Un primo appuntamento per la sentenza è stato dato alle 18.30, poi slittato alle 20; alla fine, il dispositivo è stato emesso alle 23. Quasi dodici ore, dunque, per decidere il destino del ventenne. Il quale ha assistito soltanto alle prime battute del proprio processo, poi non è più tornato in aula.

A differenza del padre, Davide, che non ha perso un’udienza e mai ha dubitato dell’innocenza del figlio. Anche ieri sera era in aula: "Sono sconvolto e sconcertato da questa sentenza – le sue accorate parole pochi minuti dopo la lettura del dispositivo –. Ribadiremo i fatti finché non saranno presi realmente in considerazione, continueremo a lottare per mio figlio Leon finché giustizia non sarà fatta".

La tesi della difesa, che aveva chiesto l’assoluzione per Leon, è che fosse stata la madre Monica ad architettare un "suicidio collettivo", quella tragica sera. Ipotesi respinta con forza dall’accusa, per cui il giovane, "bugiardo e abile manipolatore", assassinò il patrigno e cercò di uccidere la madre per "liberarsi di genitori pesanti, che volevano studiasse o trovasse un lavoro" e di "vivere di rendita" grazie alla loro eredità (pensando, ingenuamente, che sarebbe stato erede anche del marito della madre), spinto da una "ossessione per i soldi" emersa da chat e testimonianze di amici di Leon acquisite nel corso del processo.

Asoli, che da più di un anno è detenuto alla Dozza, in questi mesi non ha mai confessato l’omicidio, ma ha ammesso di avere aggredito la madre dopo la morte del patrigno, in preda allo choc, e di avere comprato online il nitrito di sodio, con l’intenzione però di uccidersi.

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