Penne al veleno, la Procura di Bologna appella la sentenza: "Condannate Leon all’ergastolo"

Trent’anni inflitti in primo grado al ragazzo accusato dell’omicidio e del tentato omicidio di Ceretolo. Ma la difesa ribalta gli addebiti: "Lui è innocente, il colpevole è fuori”

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Bologna, 19 gennaio 2023 – Quel "film dell’orrore", come lo definì la Procura è pronto per essere ritrasmesso. In calendario ci sono già due date: 22 e 23 marzo, Corte d’Appello. Lì si presenterà Alessandro Leon Asoli, 21 anni e 30 da scontare dietro le sbarre perché condannato a maggio dall’Assise per aver ucciso il patrigno, Loreno Grimandi, e tentato di fare lo stesso con la madre, Monica Marchioni (con il veleno, cercando poi di soffocarla). Era il 15 aprile 2021, Ceretolo di Casalecchio, quando i due furono avvelenati dopo aver mangiato un piatto di penne al salmone per cena, preparate da Leon che utilizzò nitrito di sodio.

 

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Una quantità "esorbitante", "da impallidire", scrissero i giudici nella sentenza di primo grado. Decisione ora impugnata sia dall’imputato, che continua a professarsi innocente, ma anche dal pm Rossella Poggioli che per lui aveva chiesto l’ergastolo, evitato per la mancata concessione dell’aggravante dei motivi abbietti. Il movente economico, l’elemento fondamentale per accusa e parti civili. I giudici però non lo contestarono, riconoscendo le aggravanti (l’uso del veleno, la premeditazione e l’aver agito contro parenti) equivalenti alle generiche (la giovane età e l’incensuratezza del ragazzo).

Aspetti centrali nei motivi di impugnazione della Procura che rimarca la volontà di Asoli di "liberarsi da genitori che ultimamente erano diventati pesanti", aspetto rimarcato dalla pm anche in requisitoria. La madre, innanzitutto, "con cui era legato da un rapporto di amore-odio, insisteva perché lui studiasse o trovasse un lavoro, cose di cui lui invece non voleva sapere. Il patrigno invece prendeva le difese della moglie quando il ragazzo la offendeva". Dall’altro lato, – qui il movente – lo avrebbe spinto ad uccidere "l’ossessione per i soldi" emersa da alcune chat con amici e dalle ricostruzioni di alcuni testi in aula.

Bordate che l’imputato ha sempre rigettato, ammettendo sì la colluttazione con la mamma – dopo la cena a base di veleno –, la quale riportò "lesioni – secondo la difesa – ma non compatibili con un tentativo di omicidio". E proprio verso la donna il 21enne da tempo ha riversato ogni accusa che verrà ribadita ora in Corte. Perché, come spiegò l’avvocato Fulvio Toschi, "ci sono dati oggettivi, non considerati dall’accusa, che invece portano a ritenere possibile che a cucinare la cena al nitrito sia stata la Marchioni". Che avrebbe agito, sempre stando alla difesa, per problemi coniugali con Grimandi. "Il colpevole è fuori", ha sempre sostenuto Davide Asoli, padre di Leon, ai ferri corti con la ex moglie. Una tesi però respinta sia dalla Marchioni, parte offesa nella vicenda, che dallo stesso tribunale.

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