Bologna, picchiata e violentata davanti ai figli: lei si ribella e lo fa condannare

L’inferno di una giovane ridotta a ’donna-oggetto’ dal marito. "Segregata e abusata per 16 anni". Una notte la fuga in una vicina caserma dei vigili con i tre bimbi al seguito. Lì la denuncia e la libertà

La donna nel 2019 ha trovato il coraggio di scappare e di denunciare i soprusi

La donna nel 2019 ha trovato il coraggio di scappare e di denunciare i soprusi

Bologna, 19 settembre 2022 - Stuprata anche davanti ai tre figli piccoli, sottoposti a loro volta "abitualmente ad atti di violenza verbale, psicologica e fisica". Rinchiusa in casa, offesa, ridotta a donna-oggetto. " Perché – le sputava addosso lui con disprezzo – sei mia e se farai qualcosa di peccato ti farò del male ". Anni di inferno, di umiliazioni. Ma alla fine da quell’incubo è riuscita a fuggire, a chiedere aiuto, arrivando a fare condannare quel marito che le aveva strappato tutto (al processo sarà parte civile con l’avvocato Rossella Mariuz e con l’Udi). Una storia agghiacciante che arriva dalla città e che ha portato la Corte d’Appello a condannare a 3 anni e 11 mesi un pachistano quarantaquattrenne per maltrattamenti verso la moglie (35, stessa nazionalità) e i loro bimbi. Pena ridotta rispetto al primo grado per la prescrizione che ha spazzato via i reati di violenza sessuale commessi fino al 2009 (ma denunciati per la prima volta solo 10 anni dopo).

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Un’esistenza , scrivono i giudici, "di vessazioni, aggressioni, limitazioni della libertà, ricatti continui". Non poteva lavorare, avere libero accesso al telefono, incontrare gente. Lui l’aveva "confinata in una stanza" della casa condivisa con altri connazionali. E tra quelle quattro pareti le botte erano all’ordine del giorno, così come un coltello alla gola, o un piatto spaccato in testa dopo averla "presa per il collo e minacciata di morte". Lei "era di sua proprietà" e per questo doveva ubbidire. "Se la persona offesa – così ancora i giudici – non lo assecondava nelle sue pretese di rapporti sessuali, le veniva negato il denaro per le esigenze dei figli". Ecco allora gli orrori, anche durante la gravidanza, anche davanti agli occhi dei figli. Semplici bambini, troppe volte testimoni di bestialità, sottoposti a "punizioni ingiustificate".

Accuse che l’imputato ha sempre rigettato, "le davo troppa libertà", disse accusando la moglie di averlo denunciato per vecchie ruggini. La salvezza della donna, ritenuta perfettamente credibile, sarà un’amica: " Se non andrai dalla polizia – le dirà – allora sarai così sempre. Hai passato già 16 anni, se non denunci dai ragione a lui ". Così, racconterà la vittima, " una notte ho preso i miei bambini e me ne sono andata ". La fuga alla fine di ottobre 2019, a piedi nudi, verso la caserma dei vigili più vicina. Eccola "l’uscita dall’isolamento". Dai maltrattamenti. Dall’inferno materializzatosi ai primi anni 2000, subito dopo le nozze con lei appena sedicenne. "La persona offesa – concluderà la Corte sottolineando anche l’attendibilità dei tre minori – ha descritto una situazione governata dalla sistematica prevaricazione del marito a ogni livello, fisico e sessuale, economico e psicologico". Il 44enne prima venne allontanato dalla famiglia, provvedimento che violò sistematicamente, poi il carcere. Ora la condanna grazie al coraggio di chi per troppi anni è stata privata della vita.

 

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