Pilastro, in manette i boss dello spaccio

Operazione dei carabinieri: sei arresti. Indagini partite dalla morte per overdose di una donna, a cui fu ceduta eroina al posto di cocaina

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di Nicoletta Tempera

Marlena, così si faceva chiamare, era morta a 49 anni nell’aprile del 2019. Le era scoppiato il cuore dopo aver sniffato eroina. Lei era ai domiciliari a Granarolo e aveva spedito il suo compagno a comprarle una dose di cocaina al Pilastro, dove si trova sempre qualcosa, sapendo a chi chiedere. E l’uomo lo sapeva. Si era incontrato con il suo spacciatore di fiducia Diya Abidi fuori dalla farmacia di via Pirandello. E l’affare si era concluso. Abidi, però, si era sbagliato o aveva voluto fare il furbo. Aveva ceduto all’altro non coca, ma eroina. Ed era bastata una dose da 20 euro per spegnere la vita di Marlena.

Tre anni dopo, quell’overdose torna a fare notizia. Perché da quel fatto tragico i carabinieri della compagnia di San Lazzaro, guidata dal maggiore Giulio Presutti, sono partiti per scardinare un’organizzazione dedita allo spaccio che faceva base tra le più che note via Natali, via Deledda e via Pirandello. Muovendo coca, eroina e hashish con guadagni di anche 30mila euro al mese. Circa tremila le cessioni osservate dai militari dell’Arma in un anno di pedinamenti, intercettazioni e indagini. Tutte concentrate in quel fazzoletto di strade tra i palazzoni dell’Acer, dove gli spacciatori vendevano in strada e in casa. Indagini che ieri hanno portato all’esecuzione di sette misure cautelari, cinque delle quali in carcere. Due più che noti spacciatori pilastrini, i tunisini Mohamed El Abidi, detto Momo, fratello del giovane Yaya, destinatario della celeberrima citofonata di Matteo Salvini; e Ala Abidi, che sparò a un pusher marocchino in via Natali a maggio 2021, hanno ricevuto la notifica dell’arresto alla Dozza, dove sono detenuti. E dove ieri mattina li hanno raggiunti i ‘colleghi’ tunisini Habib Ben Rahal, 58 anni, tra l’altro percettore del reddito di cittadinanza; Mahdi Gafsi, 33 anni; e Jamel Trabelsi, 47 anni, fermato dalla Polaria intorno all’ora di pranzo, appena atterrato all’aeroporto Marconi, di ritorno da alcuni mesi trascorsi in Tunisia. Le altre due misure sono a carico di Diya Abidi, fratello di Ala, raggiunto dalla misura cautelare dei domiciliari mentre già si trovava nello stesso regime per il tentato omicidio di maggio 2021, a cui aveva partecipato; e della moglie di Ala, per cui è stato disposto il divieto di dimora a Bologna. Stando a quanto ricostruito dai carabinieri, era lei a custodire le partite di droga e a sostituirsi al marito e al cognato nella vendita quando loro non erano disponibili.

Altre sei persone, tutte gravitanti al Pilastro, sono indagate a piede libero. Tra queste, il compagno di Marlena, che assieme a Diya Abidi risponde di morte a seguito di altro reato, per aver ceduto alla donna la dose di cocaina che l’ha uccisa. Gli altri rispondono tutti di spaccio. Le indagini dei militari dell’Arma si sono concentrate nel periodo tra l’aprile 2019 e il giugno 2020, quindi anche durante i mesi del primo lockdown, il più rigido. Anche in quei mesi, gli affari per gli spacciatori pilastrini andavano a gonfie vele, anzi meglio del solito: con la scusa delle difficoltà di approviggionamento delle sostanze, come legge di mercato vuole, avevano fatto lievitare il prezzo delle loro dosi.

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