Pilastro Bologna, la famiglia di Yaya 'sfrattata' da Acer

Caterina Razza, la mamma del ragazzino della citofonata di Salvini: "Contratto annullato". Ma l’azienda: "Fatti del 2021, un atto dovuto"

Caterina Razza (a destra), la madre di Yaya, il ragazzo della ‘citofonata’ di Salvini

Caterina Razza (a destra), la madre di Yaya, il ragazzo della ‘citofonata’ di Salvini

Bologna, 31 maggio 2022 - Da una parte, la versione di Caterina Razza: "La povertà in cui ci hanno ridotto ci ha costretto a sbagliare. E questo è il motivo per cui siamo diventati bersaglio anche dell’Acer". Dall’altra, il chiarimento di Acer, che ha spiegato che quel provvedimento è "un atto dovuto da parte dell’azienda, preso a seguito dei fatti del 2021 che hanno visto coinvolta la signora". E’ complesso e delicato il botta e risposta che ieri c’è stato tra la signora Razza, la madre del ragazzo a cui Matteo Salvini citofonò nel 2020 durante un giro elettorale al Pilastro, e l’Acer bolognese. Sullo sfondo l’operazione anti-droga della settimana scorsa, sempre al Pilastro, nella quale la famiglia della signora Razza è rimasta coinvolta: il padre è finito in carcere, la madre è indagata a piede libero, un figlio è ai domiciliari (Yassin detto Yaya, il ragazzo a cui si rivolse Salvini) e per un altro, irreperibile, è stata disposta la custodia in carcere. Razza ieri, in una conferenza stampa in piazza Lipparini organizzata da ‘Potere al Popolo’, ha denunciato lo ‘sfratto’ ricevuto, contestualizzandolo. "Dopo la citofonata la nostra vita è stata massacrata – ha affermato la donna, che aveva iniziato a leggere una lettera, ma dopo poche righe ha passato il foglio a un’amica –. Mio marito ha perso improvvisamente il lavoro e nessuno lo assume più, si è ammalato e io ho avuto un infarto pesantissimo e mi sono ammalata di una forma grave di diabete". Nel mentre "mio figlio Yaya, all’epoca adolescente, è stato costretto a troncare la sua carriera calcistica e a lasciare gli studi. Le mie figlie erano distrutte dal dolore".

Poi c’è la vicenda legata alla casa. "Per la prima volta dal 2012 hanno applicato solo per noi una normativa che prevede l’annullamento del contratto di locazione – ha continuato Razza –. il massacro continua imperterrito e giovedì scorso di nuovo siamo stati sbattuti in prima pagina come mostri, addirittura citando articoli di imputazione a nostro carico non contenuti in alcun carteggio". L’ammininistrazione bolognese secondo la donna "se n’è completamente lavata le mani, probabilmente d’accordo con la politica di Acer, i partiti e i media che cavalcano odio per i poveri e razzismo. Mio marito ha tentato il suicidio, i miei figli sono disperati e io non ce la faccio più". Tornando al contratto per l’alloggio Erp, la procedura di decadenza si è "stranamente" attivata "in concomitanza dell’arresto di Caterina" nel 2021, ha affermato Francesca Fortuzzi di Potere al popolo, consigliera al San Donato-San Vitale. Si tratta della norma "che prevede lo sfratto di chi è intestatario del contratto e compie un reato in casa. Premesso che non viene rispettato un principio di gradualità costituzionale, perchè mettere al pari una persona che ammazza e una persona che ha due grammi di qualcosa è veramente aberrante", ha dichiarato Fortuzzi, "questa normativa è stata fatta nel 2012 ed è rimasta silente fino al giorno dell’arresto di Caterina, costretta a delinquere. Questo pone molte domande". In riferimento al blitz del Pilastro, poi, ieri all’interrogatorio di garanzia in carcere Mustafaj Oert, Karmi Salah Eddine e Samia Monir, difesi dall’avvocato Roberto D’Errico, non hanno risposto.

Nel pomeriggio è arrivata la risposta di Acer, a parlare è il presidente Marco Bertuzzi, secondo cui il provvedimento di decadenza dall’alloggio "è un atto dovuto da parte dell’azienda casa, preso a seguito dei fatti del 2021 che hanno visto coinvolta la signora", Caterina Razza, intestataria dell’alloggio e alcuni dei suoi famigliari sulla base della legge regionale che prevede questa misura qualora il nucleo familiare "abbia adibito l’alloggio a scopi illeciti o immorali ovvero abbia gravemente contravvenuto al regolamento d’uso degli alloggi". Insomma, per Acer non si poteva né doveva fare diversamente: "Nel caso specifico – ha continuato Bertuzzi – la flagranza del reato è comprovata dai verbali di Polizia e da una successiva condanna penale. La locataria aveva fatto opposizione contro il provvedimento di Acer, ma il giudice del tribunale civile ha ritenuto di dare ragione ad Acer. Non c’è quindi nessun accanimento da parte di

Acer, ma soltanto l’applicazione della legge".

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