Bologna, 4 gennaio 2025 – “I fratelli Savi non possono avere fatto tutto da soli. Una banda di rapinatori a carattere familiare? Basta un’analisi oggettiva dei fatti per capire che la ricostruzione non regge”.

Ludovico Mitilini è il fratello di Mauro, uno dei tre carabinieri assassinati la notte del 4 gennaio 1991, 34 anni fa esatti, al Pilastro. Con lui morirono in servizio i giovanissimi Otello Stefanini e Andrea Moneta. A sparare, la Banda della Uno Bianca: da 30 anni, i poliziotti Roberto e Alberto Savi e il terzo fratello Fabio scontano l’ergastolo in carcere per la scia di sangue che, tra il 1987 e il 1994, lasciò dietro di sé 24 morti e più di cento feriti.
Ludovico Mitilini, sono passati 34 anni da quando suo fratello fu ucciso. Da allora, lei e gli altri familiari delle vittime chiedete verità e giustizia e il vostro esposto del 2023 ha dato nuovi spunti per le indagini riaperte sulla Banda. Cosa ne vuole dire?
“Non voglio vedere per forza qualcosa dietro alle azioni della Banda, ma è chiaro che così come ce l’hanno consegnata la loro storia criminale non è credibile. La banda nasce nell’87 e per sette anni semina terrore in una determinata zona (Emilia, Romagna e Marche, ndr). Agisce per campagne: prima quella dei caselli autostradali, poi si concentra sulle coop, poi c’è la fase del terrorismo e infine gli assalti alle banche. Con in comune la violenza e il terrore che disseminavano. Tanto che il giudice Mancuso, che li condannò, si rammaricò di non averli potuti condannare per terrorismo, che non era contestato. Ma una banda di rapinatori non lascia morti a terra. E poi...”.
Dica.
“I Savi non monetizzarono la loro ’fase terroristica’. Rischiavano l’arresto, pure la vita, per pochi spicci. Come possiamo credere che fosse tutto solo per xenofobia, per voglia personale di terrorizzare?”.
Nel vostro esposto suggerite che dietro la Uno Bianca vi fosse ben più che la sola “targa”, come disse Fabio Savi al processo. Si parlò di Servizi, di forze dell’ordine corrotte. Lei cosa pensa?
“Ci sono delle complicità che vanno ricercate. Non so se esterne o interne. Non possono però aver fatto tutto da soli, con un equilibrio perfetto tra indagini sbagliate, rivendicazioni risultate fasulle dei loro colpi, campagne ben organizzate”.
La vicenda giudiziaria che portò all’arresto dei Savi fu complessa proprio per questo...
“Ribadisco: è possibile che su tutte le loro campagne ci siano stati sempre errori giudiziari? Che si riuscisse sempre, con combinazioni strabilianti, a chiudere le indagini con tanto di colpevoli, alcuni pure rei confessi di crimini non loro, con tanto di supertestimone di turno? Fui proprio io a informare il pm Valter Giovannini, alla prima udienza del processo, dell’intercettazione tra il padre di Simonetta Bersani (la testimone che accusò della strage al Pilastro i fratelli Santagata, ndr) con l’ex carabiniere. Simonetta doveva essere condannata, invece tutto finì prescritto”.
Quell’intercettazione, fornita ai pm dal Carlino, fece riaprire le indagini nel 2021. Ha fiducia?
“I nostri avvocati sono al lavoro con indagini difensive. I depistaggi sono chiari, ma non se ne capisce ancora il motivo. Sono fiducioso che si riuscirà a risalire alle responsabilità. La strage in cui morì mio fratello fu un agguato preordinato, pianificato nei dettagli. Lui e i colleghi non dovevano essere lì, lontani dalla scuola che dovevano presidiare. Un’idea di perché furono spostati ce l’ho, ma per ora non rispondo. Noi familiari continueremo a cercare la verità”.