
Nel Bolognese mancano oltre 250 camici bianchi. E i cittadini si lamentano: "C’è scarso ricambio. Fare il dottore non ha più l’appeal di una volta".
Sono oltre duecentocinquanta i medici di base che mancano sul territorio bolognese. Un numero complessivo che, se scorporato, vede in sofferenza quasi tutte le aree, confermando così una carenza che continua a preoccupare – e non poco – gli stessi cittadini, in modo particolare quelli più anziani.
"La carenza di personale è evidente e si fa sentire – esordisce Isabella Vacca –, soprattutto per quanto riguarda la popolazione più anziana che, rispetto ai giovani, ha necessità sempre più puntuali e frequenti. Sul nostro territorio, per la mia esperienza, la sensibilità e l’attenzione sono alte, ma servono comunque interventi massicci per fare un passo in avanti".
"Purtroppo, temo che questa professione stia diventando sempre meno appetibile per i giovani – entra nel dettaglio Simona Benati – Ora, infatti, i ragazzi prediligono ora strade diverse: così il ricambio generazionale diventa sempre più complesso". Allo stesso modo, il timore è che "questa situazione – continua Benati – possa far ricadere alcune criticità anche sulle spalle degli stessi pazienti: io personalmente mi ritengo ancora molto fortunata, ma non per tutti è così. Alcune mie amiche, ad esempio, si lamentano perché non riescono ad andare in ambulatorio e, molto spesso, fanno fatica a parlare con il proprio medico anche soltanto al telefono". E le Aggregazioni funzionali territoriali (Aft) lanciate dalla Regione e che dovrebbero partire, nel Bolognese, a fine aprile possono rappresentare una soluzione? "Diciamo meglio, una prima risposta – conclude Benati –. Ma bisognerà aspettare per fare una valutazione più approfondita".
A evidenziare le proprie preoccupazioni è anche Giuseppe Gaspari, che sottolinea come "i medici di base siano una risorsa imprescindibile – spiega – e per questo motivo bisogna far sì che l’attenzione sul tema rimanga sempre alta, perché questa carenza tocca anche gli stessi pazienti e ci coinvolge personalmente. In tanti vanno in pensione, ma purtroppo al giorno d’oggi non sempre c’è un adeguato ricambio generazionale che permetta di fronteggiare quella che si palesa ora come una vera e propria emergenza".
Gli fa eco Federica Mincioni, che evidenzia come "la mancanza di medici di base sia un problema serio, che non va sottovalutato in alcun modo, perché il loro ruolo sarà sempre fondamentale, oggi come in futuro – conferma -. La carenza purtroppo è oggettiva, e mi rendo conto che i medici si trovino per questo motivo a fare i conti con numeri impossibili, affrontando così carichi di lavoro sempre più pesanti: il rischio è che queste criticità si possano però riversare sugli stessi pazienti, che spesso non possono accedere agli ambulatori direttamente ma sono chiamati a prendere appuntamento, dovendo così aspettare più tempo del previsto". Le preoccupazioni, quindi, non sembrano essere poche.
"Bisogna far sì che questo mestiere torni a essere appetibile, perché è evidente che ora non lo sia – commenta Paola Pondrelli – soprattutto per la significativa mole di lavoro e di burocrazia. Anche per questo l’attenzione sul tema dovrà necessariamente rimanere alta".