"Prima del Lidl, il mio progetto sui marchi"

Sul filo dell’ironia il designer Gianluca Gimini commenta il successo delle scarpe ‘griffate’ dal market. E della sua idea di 3 anni fa

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di Benedetta Cucci

Martedì il suo profilo Facebook è stato tempestato di commenti di amici che lo avevano taggato nei post sul lancio delle sneaker Lidl, la notizia ‘brainwash’ della settimana, che ha incenerito tutto il glamour ancora possibile, in questi tempi così poco mondani. L’assalto ai supermercati, anche nella nostra città, è stato ultra-rapido, ma proprio nel 2017, Gianluca Gimini (foto), grafico e product designer imolese dai natali internazionali e con una cocente passione per le sneaker, ovvero le molto più italiane scarpe da basket o da corsa, aveva lanciato un progetto futuristico, profetico, visionario e esplicitamente ironico: ‘Sneakered’, visibile sul sito gianlucagimini.it. Si ispirava ai marchi del passato, per ripensare sneaker celebri, customizzate con brand dal sapore di storia e senilità, che diventavano, però, trend assoluto. Pip, sinonimo delle caramelle da fumatori, trasformavano le Nike Uptempo e il mitico Pino Silvestre dava un tocco di classicismo matelassé alle Nike Roshe Run. Ma la lista dei brand iconici, che include anche Paneangeli, lacca Splend’Or, il liquore digestivo Cynar, il caffè Paulista, la lozione Floid o la cedrata Tassoni, voleva essere un punto di vista sull’importanza del design e del packaging, che in Italia ha una grande storia. Secondo il grafico, sarebbe bello dedicare un museo a questi segni grafici del tempo.

Gimini, all’indomani dell’assalto ai supermercati, in molti la chiamano ‘profeta’. Come reagisce?

"Beh, un po’ ci sono rimasto, come si suol dire, perché in effetti il mio progetto del 2017 aveva attirato l’attenzione dei media, ma c’era stato anche chi, tra i brand, mi aveva mandato la lettera degli avvocati perché non aveva ben capito di cosa si trattasse e mi accusava di sfruttamento non autorizzato del marchio"

L’iniziativa Lidl le piace?

"Mi sembra molto ironica e giovane e sfrutta anche un’opportunità legata alla moda, perché i colori del brand sono primari, molto in voga al momento, tempismo perfetto per questa ‘capsule’ che va a toccare le stesse corde del mio progetto. Fa ridere, perché questo tipo di cose si fanno solitamente con un brand desiderabile e non con il marchio di un supermercato così...".

L’effetto ironia, per lei, da cosa nasceva?

"Per far ridere ci vuole un contrasto e a me all’epoca faceva molto ridere che ci fosse un prodotto super-giovanile e accattivante come la sneaker, brandizzata però secondo marchi non da giovani. Tutto nacque un giorno a pranzo con degli amici, quando iniziammo a divagare sul tema del Pino Silvestre, perché ognuno di noi aveva un ricordo legato a questo bagnoschiuma. Quasi tutti i racconti erano imbarazzanti e la cosa mi fece molto ridere, anche perché stavamo pensando di fondare il club ‘Gli amici del Pino Silvestre’. Tornato a casa mi sono messo al computer e ho iniziato a pensare alla serie di 15 scarpe che mi ha parecchio impegnato nella ricerca".

Non c’è stato proprio nessuno interessato a produrre le sue scarpe all’epoca?

"Un’azienda si è dimostrata interessata alla produzione, ma c’era i problema dei brand e del copyright. Però cito volentieri Felce Azzurra, perchè dall’azienda mi hanno scritto dicendomi che erano molto contenti del progetto e mi hanno mandato una cassa di prodotti, con una lettera firmata personalmente dalla signora Palmieri, la proprietaria, che ha capito perfettamente lo spirito della mia iniziativa".

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