"Primo intervento su una paziente positiva"

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Cesare

Faldini*

Che senso ha rischiare il contagio in una sala d’attesa o reparto affollato se la problematica può essere affrontata tra qualche tempo in maggiore sicurezza? Tra il disagio dell’annullamento e il rischio di contagio è stato scelto il primo, a tutela della salute. L’attività chirurgica va avanti con gli interventi urgenti oncologici, le infezioni e la chirurgia vertebrale e i pazienti traumatizzati, a supporto dell’attività del Policlinico Sant’Orsola e dell’Ospedale Maggiore, che stanno dando un contributo essenziale nelle cure.

La gestione dei pazienti traumatizzati in un periodo come questo è decisamente complessa, perché si devono applicare le misure di contenimento della pandemia, ma in ospedale la ‘distanza di sicurezza’ non esiste e ogni paziente che arriva va assistito nella visita e a letto in reparto. Chi ha sintomi compatibili con il Coronavirus deve essere isolato dagli altrie trattato con precauzioni aggiuntive in attesa della diagnosi definitiva. Sono orgoglioso di lavorare con personale che si spende in quest’opera senza risparmio di energia. Anche ieri, con il primo intervento su paziente affetti da Coronavirus abbiamo lavorato in serenità, su un’anziana signora di 90 anni con la protesi d’anca lussata: una procedura urgente, non rimandabile in quanto la lussazione dell’impianto protesico costringeva la paziente a letto. Abbiamo quindi scelto di operarla nonostante l’infezione e l’intervento, particolarmente delicato, si è svolto senza intoppi.

La raccomandazione per tutti è di stare a casa il più possibile per evitare la diffusione, ma anche per correre meno rischi di incidenti. Per un organismo affrontare sia la malattia che un trauma e un intervento è un doppio stress che aumenta i rischi di complicanze.

*Direttore della clinica ortopedica del Rizzoli

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