Intensità, recupero palla alto, cambi di gioco rapidi da una fascia all’altra, centralità delle corsie esterne, che sono la base da cui partono i rifornimenti per il centravanti. Detto così sembra tutto facile: ma facile non è. Oggi è un mese esatto che il Bologna va a scuola di Italiano: ma lo studente rossoblù, pur quanto animato da grande volontà, ha ancora bisogno di andare a ripetizione. A sua volta il docente Italiano avrebbe bisogno che la classe fosse già al completo, circostanza che fin qui non solo non si è mai realizzata ma che è ben lungi dal realizzarsi. Era l’8 luglio quando a Casteldebole l’allenatore rossoblù diramava una lista di ventiquattro convocati, fatalmente zoppicante e piena di rattoppi arrivati dalla Primavera.
Alla fine, tra baby rispediti a casa e titolari arrivati in corso d’opera, sono stati trentacinque gli effettivi che in questo mese hanno lavorato, tra Castedebole e Valles, ai concetti di gioco del nuovo allenatore. Ma tra infortuni, rientri tardivi (ancorché programmati) dalle vacanze post Europeo e nazionali impegnati ai Giochi di Parigi, il primo mese rossoblù di italiano è stato un tourbillon di porte girevoli che di certo non ha agevolato il lavoro di chi è chiamato ad attuare una difficile transizione.
Quantunque la scelta dei dirigenti rossoblù, dopo il voltafaccia dell’italobrasiliano, sia caduta su un allenatore che ha un sistema di gioco per certi versi simile a quello del suo predecessore, erano talmente codificate le giocate del Bologna di Thiago che sono bastate piccole variazioni sul tema, nel contesto di un gruppo ancora incompleto, per rendere indigesto l’apprendimento dei nuovi concetti, come si è visto nelle due amichevoli toste della Val Pusteria, che hanno portato in dote al nuovo allenatore il fardello di sette reti subite in 150 minuti: 3 dai greci dell’Asteras e 4 dai tedeschi del Bochum.
Intendiamoci: nulla di irreparabile e, soprattutto, nulla che non fosse stato preventivato. A Casteldebole avevano messo in conto che il trapianto del calcio di Italiano sul telaio di Motta, al netto dei tanti volti cambiati in rosa, potesse andare incontro, almeno all’inizio, a una fase di rigetto. Succede quando hai ancora nella testa un calcio giocato a memoria e portatore di successi e devi in parte modificarlo con accorgimenti tattici nuovi, com’è peraltro naturale che sia quando arriva un nuovo allenatore che ha tutto il diritto di portare le sue idee di calcio.
Italiano, fin qui, molto intelligentemente, non ha stravolto l’impianto del suo predecessore. Anzi ha sempre rimarcato, con la riconosciuta umiltà di un tecnico che viene dalla gavetta, di voler ripartire dall’ottima base del Bologna di Motta. Poi però ha fatto, e sta facendo, l’allenatore: ovvero il demiurgo che ha la legittima pretesa di incidere. Ovvio che per Beukema guidare la difesa (una difesa fin qui resa incompleta dal sostituto di Calafiori che da un mese manca) nel contesto del ‘blocco basso’ di Motta non è la stessa cosa che farlo nella linea alta su cui sta lavorando Italiano. Stesso concetto, mutatis mutandis, per il centravanti: fare tabula rasa della regia offensiva di Zirkzee e considerare il centravanti, Castro o Dallinga che sia, come semplice terminale offensivo non è un passaggio immediato. Con un mese di lavoro alle spalle e ad appena dieci giorni dal debutto in campionato, il docente Italiano qualche problema ce l’ha. Un motivo in più perché Sartori e Di Vaio gli completino in fretta la classe.