"Pronto soccorso di provincia, mancano 16 medici"

L’analisi della direttrice Pecorelli: "L’Appennino soffre per i turni, la pianura per l’aumento degli accessi e le attese per i ricoveri"

di Donatella Barbetta

Carenza di medici e sovraffollamento dei Pronto soccorso non sono caratteristiche soltanto dei grandi ospedali della città, ma anche delle sei strutture del territorio provinciale, divise in due aree, la Sud, con Porretta, Vergato e Bazzano, e la Nord, dove si trovano Bentivoglio, San Giovanni in Persiceto e Budrio.

Quali sono le zone con le maggiori criticità?

"Ogni area ha la sua, l’Appennino, tra Porretta e Vergato, è sempre in sofferenza per la turnistica cui contribuisce il dipartimento interaziendale. La pianura soffre maggiormente per l’aumento degli accessi e le attese per i ricoveri", risponde Grazia Pecorelli, da maggio dello scorso anno direttrice dell’unità operativa complessa Pronto soccorso ed emergenza territoriale, Area Spoke, nell’ambito del Dipartimento interaziendale dell’emergenza, diretto da Giovanni Gordini.

Al termine del percorso di visita i pazienti da ricoverare attendono i letti come accade in città?

"Sì. In generale abbiamo meno posti a disposizione perché l’offerta si è ridotta per motivi di sicurezza, dovendo rispettare le distanze tra i letti. Inoltre, arrivano pazienti più complessi, anche con il Covid, e in attesa di ricovero restano in Pronto soccorso contribuendo a generare il sovraffollamento".

Questi aspetti incidono sull’attività più della crescita degli ingressi?

"È così. Lo vediamo particolarmente nelle sedi di pianura".

La carenza di medici nell’Area Spoke è del 25%. Quanti medici mancano all’appello?

"Sedici e l’attività è ridistribuita sull’équipe medica che sta facendo da circa un anno un lavoro straordinario a garanzia dei servizi, ruotando sui diversi Pronto soccorso, con grande senso di responsabilità. E i contagi Covid tra i professionisti hanno inciso ulteriormente sulle ferie".

La Regione ha siglato un accordo con i medici convenzionati dedicati all’emergenza territoriale.

"Storicamente l’emergenza territoriale è un’attività propria dell’unità operativa Spoke, integrata con l’attività ospedaliera e svolta dai medici strutturati. Negli ultimi anni ha visto l’ingresso dei medici convenzionati, i Met, che dall’area Sud, sulle postazioni di automedica dell’Appennino hanno progressivamente supportato anche la Nord. Con l’intesa regionale ci auguriamo che presto il loro contributo sia più ampio nei Pronto soccorso".

Potranno essere presenti negli ambulatori per codici minori che nasceranno accanto ai Pronto soccorso?

"Possono essere attivati per le strutture di emergenza-urgenza con oltre 25mila accessi all’anno. Da noi questa quota la raggiunge solo Bentivoglio e ne abbiamo valutato l’impatto".

Quanti sono i codici minori?

"A Bentivoglio sono circa 25 nella fascia diurna, quindi avrebbe scarsa incidenza. E preferirei che quell’ambulatorio fosse gestito da un medico in formazione specialistica in medicina di emergenza-urgenza per associare il percorso formativo a una attività di Pronto soccorso con tutor".

Quindi punta a far entrare gli specializzandi nell’Area Spoke?

"In realtà a incrementare la loro presenza, perché già tre specializzande lavorano con noi con nostra grande soddisfazione. Agli ultimi concorsi si sono presentati solo specializzandi, a dimostrazione che sanno raccogliere l’invito a essere parte consapevole del sistema".

Eppure c’è anche chi ha lasciato. Quanti sono?

"Nell’ultimo anno undici colleghi tra le due aree, tra pensionamenti, passaggi alla medicina generale e trasferimenti".

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