
Sotto un ‘cielo’ carraccesco, quello del grand hotel Majestic ‘già Baglioni’, i fratelli Pupi e Antonio Avati hanno deciso di salutare gli amici bolognesi (i jazzisti ad esempio) e quelli di altre geografie, accorsi sotto le Due Torri in occasione dell’anteprima nazionale del loro nuovo film ‘La quattordicesima domenica del tempo ordinario’. In sala, tra gli altri, il ministro Sangiuliano ("Ho sempre amato Pupi, sono un arci-italiano, che fa dell’italianità uno stile"), l’assessore Felicori, Gian Luca Farinelli e Luca di Montezemolo.
Il titolo corrisponde al 24 giugno in cui Nicola Siniscalchi, una delle più belle ragazze di Bologna, ha detto sì a Pupi. E il regista bolognese ha pensato che il titolo della canzone che i protagonisti del film compongono, poteva diventare il tema guida di una storia intrisa di nostalgia e di cose che Pupi porta nel cuore da sempre. Ad esempio la baracchina dei gelati di via Saragozza, che non c’è più.
Andrea Maioli guida questo incontro nei meandri di quello che Antonio Avati ha definito come il film più ‘pupesco’ in assoluto. E dove l’idea di contattare Edwige Fenech è stata di Pupi, quella di volere Gabriele Lavia è stata di entrambi e la curiosità verso Lodo Guenzi è venuta ad Antonio. Ed è unica la schiettezza di Pupi Avati: "Mi dava l’idea di essere uno str... – ammette –. Perché di Bologna, perché di buona famiglia, perché poteva essere uno che va da Zanarini. Però mi sbagliavo". E, rivela Guenzi, nel film Marzio da giovane: "Arrivo a casa di Pupi attraverso l’intercessione di un giornalista che mi ha detto di andare da lui e presentarmi. E già mi vergognavo tantissimo, mi sembrava di essere davvero fuori luogo: forse proprio per questo mi sono comportato da str...".
E poi Fenech, che nel film interpreta Sandra: "Ricevo una telefonata da Pupi mentre ero a Lisbona e inizia a raccontarmi una storia e poi del mio personaggio … e ho detto sì, ho ricevuto la sceneggiatura per email e dopo averla letta ho iniziato a saltare in camera come un canguro!"
Infine Lavia, con una goccia d’ironia: "Marzio vive ai margini della vita, chiede il permesso di stare ancora al mondo, ma questo permesso gli viene negato. Ho seguito Pupi, perché l’attore non deve sapere nulla e il regista sa tutto, anche come fare dei gradini altissimi con degli stivali Camperos, benché io, nonostante dimostri molti meno anni, ne ho molti di più". Che surreale e provocatoria dichiarazione, con un pensiero forse all’attorialità contemporanea, da parte di un grande regista che ha diretto oltre cento spettacoli teatrali.
Benedetta Cucci