Bologna, vendevano quadri falsi di Picasso, Morandi e Monet

Due persone ai domiciliari. Le accuse: ricettazione e riciclaggio

Il comandante del Nucleo tutela patrimonio culturale Giuseppe De Gori e i quadri falsi

Il comandante del Nucleo tutela patrimonio culturale Giuseppe De Gori e i quadri falsi

Bologna, 2 agosto 2019 - Due quadri di Picasso, un disegno di Degas, un dipinto di Mirò e molto altro. Tesori finiti nelle gallerie di Bologna (non solo) e messi sul mercato per cifre monstre. Peccato che quelle «decine di opere», qualcuna venduta, fossero riproduzioni degli originali. Dunque «palesemente false», come scrive il gip Gianluca Petragnani Gelosi nell’ordinanza che l’altro pomeriggio ha portato ai domiciliari Bruno Verde e Angelo Ruggieri. Il primo di Aversa, 65 anni, domiciliato a San Lazzaro, una sfilza di precedenti come il collega. Il secondo (70), tarantino con casa a Bologna. Devono rispondere di ricettazione e (Verde) riciclaggio di opere d’arte false. Un’attività che per il giudice rappresentava «il loro unico mezzo di sostentamento», con Verde «che ha debiti di gioco per oltre 100mila euro». Una somma che «può essere ricavata, in assenza di attività lavorativa lecita, solo piazzando sul mercato dipinti fasulli».

Un quadro accusatorio (altri tre sono indagati a piede libero), ricostruito dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bologna (VIDEO), «grave» e con il «pericolo di reiterazione criminosa» non essendo «stato reciso il canale di approvvigionamento». Perché «non sono ancora stati individuati i soggetti che materialmente falsificavano le opere e le consegnavano a Verde e Ruggieri». Ma secondo gli avvocati, Luigi Prete e Manuel Verde, ci sarebbero «cose che non tornano».

Oggi gli interrogatori. Si comincia da un controllo di fine 2017 in una galleria d’arte di Rimini. Spulciando tra licenze e registri, i carabinieri si imbattono nel nome di Bruno Verde, noto ai database per numerosi precedenti in materia di falsificazione di opere d’arte. A fare drizzare le orecchie ai militari, è il proprietario della galleria che racconta di aver seguito, per conto di Verde, alcune pratiche all’ufficio esportazione di Torino, per il rilascio dell’attestato di libera circolazione per due dipinti di Pablo Picasso: Buste de jeune garcon e El Pintor. Possibile che uno come Verde, fosse in possesso di un tesoro di svariati milioni? Via agli accertamenti, anche attraverso l’Interpol, passando per New York e Parigi, sulla documentazione di tali opere, fino ad arrivare alla Picasso Administration di Claude Picasso, figlio del maestro spagnolo. Organizzazione che gestisce interessi e diritti legati ai capolavori dell’autore di Guernica. Il 9 marzo 2018 c’è la risposta: entrambe, certificazioni comprese, sono opere false.

Emerge poi che quattro giorni prima, in via Ceramista nella periferia di Bologna, i carabinieri si erano imbattuti in una Jaguar bianca, con targa intestata a un’azienda di noleggio di Ravenna, nella disponibilità di Verde. Il bolide era fermo davanti a una società di conservazione di opere d’arte: alla guida Verde mentre Ruggieri era sceso per andare nella cella di sicurezza a sua disposizione. Una scena ‘fotografata’ in più occasioni, con Ruggieri da solo o, addirittura, con una «decina» di persone al seguito.

Tutte accompagnate a visionare, secondo le accuse, i quadri in vendita. Una frode che non riguardava però solo i due Picasso. Nella lista dell’Arma, infatti, figurano un disegno firmato da Degas, un dipinto di Mirò, uno griffato Kandinsky, un Monet (Le village de La Roche-Blond au soleil couchant), vari Morandi, Mascellani e altri. Opere che qualche cliente ha comprato, per poi imprecare. «Che Dio lo stramaledica, sta rovinando mezza Bologna», è il contenuto di un’intercettazione di un uomo convinto dal Verde ad acquistare un Mascellani (falso) per 120mila euro. Verde che, in un’altra conversazione, si autoaccusa: «Io è una vita che vendo ste cose false... sì però non dobbiamo dire che è falso perché altrimenti la gente...». E ancora a Ruggieri: «Monet. E’ un Monet Angelo, stai nella parte!». Per il gip la «sussistenza di un accordo per la vendita di falsi è documentato». Nelle loro abitazioni sono stati ritrovati i Picasso fasulli e un’altra trentina di dipinti.

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