
La ‘tavolata per Ustica’ ieri sera davanti al museo dove è conservato il Dc-9
È una storia dove non può esistere la parola fine. Sia perché i familiari delle 81 vittime del Dc-9 (nonché una Repubblica democratica come quella italiana) meritano prima o poi giustizia, sia perché nel nostro ordinamento non è prevista la prescrizione del reato di strage. Ma più volte, in questi 45 anni, l’inchiesta su Ustica è arrivata a un passo dal fermarsi definitivamente, dal finire in un limbo dal quale potrebbe non uscire più. È così anche in questi giorni nei quali si ricorda l’anniversario della strage, perché sui due fascicoli di indagine aperti dalla procura di Roma pende in entrambi i casi una richiesta di archiviazione che dovrà essere accolta dal gip. La prima indagine è quella scaturira nel lontano 2008 dalle dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga ("un aereo militare francese si mise sotto il Dc9 e lanciò un missile per sbaglio"), l’altra è quella nata dall’esposto del 2022 dell’Associazione Verità per Ustica che da sempre sostiene la tesi dell’ordigno a bordo.
Impossibile arrivare alla verità giudiziaria, dunque. A meno che nei prossimi anni non arrivino sostanziali novità per riaprire quella che sarebbe la terza indagine penale sull’abbattimento del Dc-9. La prima fu quella aperta nel giugno 1980 subito dopo la strage, affidata all’allora pm di Roma Giorgio Santacroce, e arrivata, tra mille difficoltà, depistaggi e ritardi di vario genere alla celebre ordinanza-sentenza di Rosario Priore del 1998, che porterà l’anno dopo al rinvio a giudizio di quattro generali dell’Aeronautica accusati di attentato agli organi costituzionali con l’aggravante dell’alto tradimento e di altri cinque, che dovevano rispondere di falsa testimonianza. Dopo sette anni di giudizio, quasi trecento udienze e dopo avere ascoltato migliaia tra testimoni, consulenti e periti i nove esponenti dell’Aeronautica saranno tutti assolti in via definitiva "perché il fatto non sussiste".
Ma la parabola giudiziaria di Ustica non ha toccato solo il fronte penale. Ha avuto anche una dimensione di giustizia civile che, in questo caso, ha portato a sentenze di condanna definitive. In particolare quella del 2011 del Tribunale civile di Palermo che ha condannato i Ministeri della difesa e dei trasporti al pagamento di oltre 100 milioni di euro a 42 familiari delle vittime di Ustica per non aver garantito la sicurezza dei cieli in quella notte del 27 giugno 1980, condanna confermata in Cassazione due anni dopo, con la Suprema Corte che parlò della tesi dell’aereo abbattuto da un missile come "abbondantemente e congruamente motivata". Con le stesse motivazioni, nel 2020 è arrivato anche il risarcimento di 320 milioni di euro all’Itavia, la compagnia del Dc-9 fallita poco dopo la strage, deciso dal Tribunale di Roma.