
Bologna, 21 marzo 2023 – Nina Rosa Sorrentino è una ragazza down di 19 anni che, a giugno, avrebbe voluto sostenere l'esame di maturità nel Liceo Sabin di Bologna, indirizzo Scienze Umane, da lei frequentato. Invece, non lo farà: da una settimana si è ritirata dalla classe quinta. Unica soluzione, anche se "tosta e dolorosa", che la famiglia ha trovato per non far perdere alla figlia la possibilità di riprovarci l'anno prossimo a essere ammessa all'esame di Stato, dopo che la scuola le ha negato questa possibilità.
A raccontare la sua storia il ‘Corriere di Bologna’, che spiega come per gli alunni con disabilità, il consiglio di classe alle superiori può optare per tre programmi: ordinario, personalizzato con obiettivi minimi (equipollenti) che porta all'ammissione all'esame di Stato vero e proprio (ma con prove rimodulate) e differenziato, che al termine del quinquennio fa conseguire un attestato di competenze senza alcuna validità. Quest'ultimo è quello che gli insegnanti di Nina, già nelle prime settimane della prima liceo, hanno ritenuto più adatto. E i genitori lo hanno accettato.
Cambio di prospettiva
All'inizio del terzo anno, però, la famiglia capisce che per lei si potrebbe fare di più e decide di parlarne con l'insegnante di sostegno: "Abbiamo chiesto alla scuola di poter mettere in campo una progettualità didattica che portasse a lungo termine nostra figlia al raggiungimento di quegli obiettivi minimi necessari per poter essere ammessa in quinta all'esame di maturità". Ai primi di marzo, però, arriva il definitivo no del consiglio di classe. Se la ragazza non fosse stata ritirata da scuola entro il 15 marzo, a fine anno avrebbe ricevuto l'attestato di competenze e per cimentarsi nell'esame di Maturità avrebbe dovuto ricominciare daccapo, a settembre, dalla prima superiore.
Per l’istituto l’obiettivo è troppo impegnativo
La scuola non ha cambiato idea, preoccupata che per Nina fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare "senso di frustrazione nella ragazza", scrive la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l'epilogo. "È una possibilità che le è stata negata – commenta Giovanni Lacoppola, referente scuola per CoorDown – è mancata una visione. Sono tanti i casi. Si dovrebbe lavorare di più tutti insieme per un'inclusione vera che deve proprio partire dalla scuola. Senza un diploma questi ragazzi fanno fatica a essere poi inseriti a livello lavorativo".
Il ruolo della famiglia
Non è così che si protegge e si fa crescere Nina, ne sono convinti la mamma e il papà. "Se un ragazzino senza disabilità nella vita ha qualche possibilità in più di nostra figlia – osserva Alessandro – allora Nina deve avere un pezzo di carta in più non per stare al passo, ma per avere davvero un'opportunità". Adesso? "Siamo nella nebbia – ammettono i genitori –Cercheremo un'altra scuola da settembre disposta a sostenere nostra figlia in una programmazione personalizzata verso l'esame di Maturità. Per noi è importante che su queste tematiche si faccia un passo avanti, non solo per Nina, ma per tutta la società".
Il caso diventa nazionale
“Il no del Liceo non è certo l'esempio della scuola dell'inclusione alla quale ci ispiriamo – commenta Paola Frassinetti, sottosegretaria all'Istruzione e al Merito –. Portare una studentessa con disabilità a cambiare scuola è un episodio grave. La scuola deve utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per permettere ai ragazzi diversamente abili di poter realizzare il proprio percorso scolastico, nonché di poter crescere e formarsi, affrontando le prove che la vita ci pone davanti”. Interviene anche Giusy Versace, senatrice di Azione-Italia Viva e portavoce dell'Intergruppo parlamentare per le disabilità, che riepiloga la vicenda e aggiunge: “Gli insegnanti che le hanno negato l’opportunità di fare la Maturità dovrebbero fare tesoro del giuramento degli atleti Special Olympics: ‘Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze’”.