Colpo grosso in via Farini, la direttrice: "Brutto quarto d'ora, ho chiamato il 113 col piede"

Parla la donna sequestrata con una collega: "Erano professionisti" FOTO

La direttrice di Damiani scende dall'ambulanza (FotoSchicchi)

La direttrice di Damiani scende dall'ambulanza (FotoSchicchi)

Bologna, 12 giugno 2015 - «Noi siamo sempre in allerta, ma questa volta non eravamo in tensione, ci sentivamo tranquille. Hanno agito da professionisti». Monica, 45 anni, è la direttrice della boutique Damiani (FOTO) e ha una solida esperienza dietro il banco della gioielleria. Appena poche settimane fa aveva segnalato alla polizia dei clienti ‘sospetti’, che avevano l’aria di voler fare un sopralluogo in negozio con la scusa di chiedere informazioni: «Ma questi due non li avevamo mai visti prima...». 

Come si sono presentati?

«Sono arrivati separatamente fingendosi clienti. Erano dell’Est Europa e parlavano male inglese. Uno appena entrato ha detto che parlava solo tedesco. Per noi avere clienti stranieri, e russi in particolare, è normale».

Cosa hanno chiesto?

«Uno cercava un orologio e chiedeva consigli, l’altro voleva un anello. Io sono scesa a prendere un articolo nel caveau; quando anche la mia collega si è voltata per chiedermi di prendere qualcosa, loro hanno fatto il giro del banco, hanno tirato fuori la pistola e hanno spinto giù anche lei».

Poi come hanno agito? 

«Ci hanno fatto sedere a terra e legato le mani e le caviglie con fascette di plastica. Ci hanno ordinato urlando di guardare a terra e non alzare mai la testa».

Quanto tempo è durato il colpo?

«A un certo punto, mentre stavano prendendo le cose dal caveau, ha squillato il telefono del negozio e loro si sono allarmati, quindi hanno cercato di finire alla svelta temendo che le telecamere fossero visibili in diretta da qualche centrale operativa. Tra di loro parlavano in una lingua dell’Est, forse russo».

Quanto siete rimaste legate?

«Credo una quindicina di minuti. Quando sono usciti abbiamo spinto la porta del caveau chiudendoci dentro. Poi sono riuscita a far cadere da una mensola il telefono fisso e a comporre col dito di un piede il 113. Sono rimasta in linea con la polizia finché sono arrivati qua davanti, controllando che i rapinatori non fossero più dentro. Allora, sempre usando il piede, ho aperto e i poliziotti ci hanno tagliato le fascette».

Perché li definisce professionisti?

«Erano due persone curate e ben vestite e ho avuto l’impressione che sapessero bene cosa fare e come fosse fatto il negozio. Certo, la paura c’è, ma ora anche il sollievo perché non è accaduto nulla di grave». 

 

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