Rebus tubercolosi, profughi positivi al test

Al Sant’Orsola due persone transitate dal Pronto soccorso, più altri casi. Bordon (Ausl): "Persone da monitorare. Covid: 48 contagiati"

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di Donatella Barbetta

Una parte importante dell’accoglienza ai profughi ucraini comprende il versante sanitario: tamponi contro il Covid, test della tubercolina e presto anche assistenza attraverso i medici di famiglia, grazie a una collaborazione, ancora nelle prime fasi, tra l’Ausl e la Fimmg, la Federazione medici di medicina generale.

"Dai nostri screening fatti ai profughi nel momento del loro arrivo sono emersi almeno una decina di casi positivi alla Mantoux, non mi risultano ricoverati, ma certamente queste persone vanno monitorate con altri esami. E su 2.284 tamponi eseguiti, 48 hanno avuto esito positivo al Covid. Ma non c’è alcun allarme".

Così Paolo Bordon, direttore generale dell’Ausl.

"Molti ucraini hanno passato le ultime settimane in condizioni veramente difficili, alcuni hanno vissuto nelle cantine. Comunque, noi ora abbiamo già quasi 2.800 profughi registrati con Stp (Stranieri temporaneamente presenti), di cui poco meno della metà minori: un’attività che portiamo avanti con impegno insieme al Comune e alla prefettura e con la collaborazione di tanti cittadini che mettono a disposizione alloggi".

Al Sant’Orsola sono almeno due i casi di pazienti risultati positivi al test di Mantoux transitati dal Pronto soccorso.

"Non significa nulla, dal punto di vista epidemiologico, risultare positivi alla Mantoux perché in Italia se facessimo il test alla popolazione al di sopra dei 60 anni, troveremmo positivo il 6-7% delle persone e il motivo è aver avuto un’esposizione al bacillo di Koch oppure essere vaccinato contro la Tbc – spiega Pierluigi Viale, direttore delle Malattie infettive del Policlinico –. Comunque, dopo il risultato positivo, il paziente deve essere valutato da uno specialista per capire il motivo di un tale esito".

Salvatore Bauleo, segretario provinciale della Fimmg, ieri ha avuto un incontro con il Dipartimento di cure primarie dell’Ausl: "Noi medici ci siamo messi a disposizione e abbiamo proposto la nostra assistenza gratuita ai profughi. Adesso l’Azienda invierà a tutti una richiesta formale di adesione e così una volta che ci saranno i numeri, i rifugiati ucraini potranno essere assegnati a ogni professionista".

Cristina Maccaferri, direttore del Dipartimento cure primarie, precisa che "stiamo iniziando la ricognizione delle disponibilità dei medici di medicina generale, poi sapremo dare maggiori dettagli sulle tempistiche di presa in carico". Bauleo chiede "una distribuzione equa, una decina di persone a testa, perché sarebbe difficile andare oltre, tenuta presente la carenza di medici e il fatto che una buona parte di noi è già oltre il massimale di 1.500 assistiti e arriva a 1.800. Faremo incontri quindicinali con l’Ausl per vedere come evolve la situazione e poter concordare l’intervento.

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