Rene donato dalla mamma a Bologna: "Sono rinata"

Greta Lolli, 29 anni, infermiera, racconta il lungo percorso per arrivare al trapianto. La madre: "Le avrei dato anche l’altro"

Greta Lolli abbraccia la madre Manuela Bedosti

Greta Lolli abbraccia la madre Manuela Bedosti

Bologna, 12 luglio 2022 - "Dai mamma, coraggio, tra poco ci incorporiamo". È stato il saluto di Greta Lolli, 29 anni, prima di entrare al centro trapianti del Sant’Orsola per ricevere il rene donato da sua madre: un tentativo di combattere contro la commozione di fronte a un intervento così speciale per i sentimenti.

"Ho affrontato il trapianto con tranquillità, senza paura, sono arrivata carica, ero felice quando mi sono venuti a prendere, sapevo che sarebbe andato tutto bene e che il mio fisico mi avrebbe seguito. In settima giornata sono stata dimessa". Greta è un’infermiera ferrista di Villa Erbosa, lavora nella sala operatoria di Ortopedia e ad appena 18 mesi è stata colpita dalla sindrome emolitica e uremica che ha aggredito vari organi, danneggiando in particolare i reni. "Il percorso per arrivare alla donazione è durato un anno, anche se i medici me ne hanno cominciato a parlare nel 2019, dopo una biopsia renale. L’ultimo allarme è arrivato con la salita della creatinina. Allora sono iniziate le indagini di compatibilità pre intervento – ricorda – e in tanti si sono presentati agli esami: mia madre, mia sorella e una delle mie migliori amiche, due cari amici cari miei e la mamma di un’altra mia amica".

Una gara di generosità ‘vinta’ da chi ha messo al mondo Greta. "Le più compatibili sono risultate mia madre e mia sorella, ma lei ha 33 anni, e la scelta alla fine è ricaduta sulla mamma", spiega con semplicità. Manuela Bedosti, 59 anni, con un filo di voce per l’emozione, riesce a dire "avrei donato anche due reni a mia figlia se fosse stato possibile e adesso sono la mamma più felice del mondo perché volevo essere io a fare la donazione. I primi giorni dopo l’intervento non sono stati facili, ma ora sono a casa e mi sento già meglio".

Le due donne si guardano e si abbracciano. Adesso l’incubo è finito e possono affrontare il futuro con ottimismo. Ma il passato non si cancella. "Greta aveva meno di due anni quando è stata per 40 giorni in coma farmacologico e da allora ha avuto bisogno di altri ricoveri e tanti controlli, poi andare avanti così era troppo rischioso e si è iniziato a parlare del trapianto", racconta la mamma.

Accanto a lei c’è il marito, Stefano Lolli, titolare dell’Osteria Santa Caterina insieme a un socio: "Greta ha dovuto fare tante rinunce e finalmente adesso tocchiamo il cielo con un dito". La ragazza ammette che di fronte alla parola donazione ha vacillato: "All’inizio ho rifiutato questa possibilità, non capivo perché stesse capitando a me e allora mi sono fatta aiutare da una psicoterapeuta, specializzata in elaborazione del trauma: non volevo arrivare al trapianto scoraggiata o delusa e così ho ripercorso la mia vita e per l’operazione ero in forma al 110%. Al risveglio? Mi sentivo già benissimo – risponde – e dopo qualche ora in Rianimazione, prima di andare in reparto mi sono fatta portare da mamma che era in un altro padiglione. Le ho detto ‘è andato tutto bene’, l’ho salutata con la mano, lei era più dolorante rispetto a me. È stata una grande gioia. Nei giorni seguenti ci siamo sentite al telefono e poi ci siamo riviste a casa". La paziente rivolge un ringraziamento "alle équipe di Matteo Ravaioli per l’intervento e di Gaetano La Manna per l’intero percorso".

Greta rivela la sua ricetta per accettare e superare i momenti difficili come il suo: "Mi sono sentita circondata d’amore: dai miei familiari, dal mio fidanzato Giovanni, dai miei amici e dai miei colleghi. Mi hanno seguito, subissandomi di messaggi d’incoraggiamento e di chiamate. Adesso è tutto in discesa".

 

 

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