Resistenza, quante storie Le due facce in libreria

Federico Cinti ha dedicato un volume al partigiano ‘Tempesta’ Guazzaloca. Gabriella Sapori racconta invece il padre Guglielmo, detto ‘Il fascistone’

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"Tutti uscivano di casa, piangevano, si abbracciavano, ballavano: erano scene di gioia inconsuete, perché non erano più abituati a sentirsi uomini e donne liberi dal terrore della censura, del coprifuoco, degli ordini dati con le armi e le urla in una lingua incomprensibile". Lo racconta Franco Guazzaloca, nato nel ’26 a Zola Predosa, nella biografia che gli ha dedicato lo scrittore Federico Cinti (insieme nella foto) ‘Il mio nome era Tempesta. Vita del partigiano e combattente Franco Guazzaloca’ (Persiani Editore). Il ricordo di quel 21 aprile 1945 è ancora nitido. Come tutte le vicende dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’instancabile militanza, ripercorse lucidamente dalla mente di Guazzaloca e riportate dalla penna di Cinti.

"Non sapevamo in che giorno sarebbe successo, ma percepivamo con chiarezza la fine di quell’incubo durato cinque lunghi anni, senza contare il ventennio fascista. Nessuno di noi dubitava che ce l’avremmo fatta: lo si avvertiva nell’aria, ce lo sentivamo nel cuore. Respiravamo ormai la soave ebbrezza della riconquistata libertà e ognuno si fidava dell’altro", ricorda Guazzaloca. ‘Tempesta’ è stato il suo nome di battaglia, assegnatogli dopo la scelta di prendere parte attiva alla Resistenza nel battaglione Zini della 63a brigata Bolero Garibaldi. Dopo la guerra e gli "undici mesi passati lungo la linea gotica – spiega Cinti – arriva la sua attività politico-sindacale, si iscrive al Partito Comunista e successivamente si dedica all’attività di sindacalista della Cgil". Il libro sarà presentato alla Mediateca di San Lazzaro di Savena mercoledì alle 18,30 da Cinti e ‘Tempesta’, in collaborazione con Anpi San Lazzaro.

Anche Gabriella Sapori descrive una storia di Resistenza. Quella di Tolè Vergato, che si intreccia alla storia della sua famiglia e di suo padre Guglielmo, il ‘fascistone’, come veniva chiamato in paese. Dopo la morte prematura del padre, classe 1910, la madre racconta all’autrice episodi taciuti della sua vita e della Resistenza toletana, affidandole lettere e documenti. "Inizia così la mia ricerca - sottolinea l’autrice -. Stimolata dai miei dubbi e dall’intima necessità di conoscere meglio quel padre di cui, nell’adolescenza, mi sono sempre vergognata perché fascista". Nel volume ‘La resistenza di Tolè Vergato. Storia di un paese, di una famiglia, di un uomo’ (Persiani Editore), Sapori interroga le due zie paterne e intervista i vecchi di Tolè che allargano i loro ricordi anche ad altre persone e a un territorio più vasto. Le fonti d’archivio e i testi di storia locale, dunque, le hanno consentito scoprire verità complesse e taciute. "I bolognesi, ad esempio, non sanno che Tolè Vergato è stata distrutta dagli americani perché lì risiedeva il nucleo più grosso dei tedeschi - insiste Sapori -. O che i partigiani hanno bersagliato Tolè per rifornirsi di viveri". Scopre poi che il padre era certamente cresciuto assimilando fin da bambino i valori e la retorica del fascismo, ma si è sempre battuto per salvare le persone, al di là della loro ideologia. "Il racconto è una microstoria della Resistenza che consente di ripercorrere la memoria di tutte le vittime di quella orribile guerra italiana - conclude l’autrice -. Oggi, in un’epoca che ancora non trova pace e giustizia, il passato deve farci pensare. E come ricordava sempre mio padre: ‘I principi politici non devono mai prevalere sull’uomo’".

Amalia Apicella

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