Bologna, ultima cena al ‘vecchio’ Diana tra ricordi e sorrisi

I riti dei camerieri, il carrello dei bolliti e le grandi star passate da via Indipendenza. Partono i lavori, la riapertura fra tre mesi

Il direttore Eros Palmirani

Il direttore Eros Palmirani

Bologna, 18 giugno 2018 – Pietro e Matteo si sistemano la divisa bianca da cameriere, indossata con orgoglio. In sala – sotto il grande orologio, simbolo del locale – Paolo e Giuseppe danno gli ultimi ritocchi ai tavoli. Controllano la trasparenza dei bicchieri, guardandoli uno per uno in controluce. È l’ultimo giorno del Diana così come, da decenni, bolognesi e turisti da tutto il mondo sono abituati a vederlo.

DIANA_31878163_180753

Come anticipato dal Carlino, il tempio che custodisce e tramanda l’ortodossia culinaria bolognese, cambia volto (VIDEO). Ieri, domenica, l’ultima apertura. Oggi partono i lavori. Da settembre, le vetrine che affacciano su via Indipendenza saranno occupate dai cosmetici di un marchio internazionale. L’ingresso del ristorante – e la grande mortadella Alcisa appesa in vetrina, che il campione dei medi Marvin The Marvelous Hagler finse di usare come punching ball – si spostano giusto dietro l’angolo, in via Volturno.

DIANAFAA_31014578_170242

"Un po’ di magone viene", ammette Pietro Allegretti, maître di sala, che nell’87 iniziò come aiuto cameriere. "Ma il Diana rinnovato sarà all’altezza delle aspettative". "Lo rifacciamo identico", assicura il direttore, Eros Palmirani. In cucina, Marco, cuoco, con Lorenzo e Kevin, aiuto cuochi, danzano tra i fornelli accesi sotto gli occhi attenti degli chef Mauro Fabbri e Silvano Librenti. Il profumo non mente: si preparano il mitico bollito del Diana e gli arrosti, di cui erano ghiotti Paolo Villaggio (che amava anche gli ovuli fritti) e Federico Fellini. Il regista riminese sedeva sempre allo stesso tavolo, sotto il grande specchio, e disegnava vignette sui tovaglioli.

Il ‘retrobottega’ del Diana, passate le cucine, era un antico convento: è un dedalo di stanze e corridoi ingombri di enormi celle frigo, casse di verdure fresche, scaffali colmi e dispense, su cui vigilano Denis e Mardy. In fondo, la stanza in cui regna Celestina, la sfoglina che prepara tortellini, tagliatelle, tagliolini, lasagne. Alle pareti della sala, mille foto testimoniano la storia del ristorante. Sandro Pertini è ritratto, pipa in mano, all’uscita del ristorante. Chi c’era ricorda il menù del Capo dello Stato: tortellini, zampone, purè e gelato di crema, altro must della casa. «Il tutto – ricorda Palmirani – annaffiato da birra italiana».

Dal muro, sorrisi in bianco e nero e a colori. Cinema, sport, politica. Da qui sono passati tutti. Alberto Sordi e Giulio Andreotti, Michael Schumacher e Oscar Luigi Scalfaro, Pupi Avati e Burt Lancaster, che venne a Bologna per fare un corso e imparare a tirare la sfoglia. Palmirani è una miniera di ricordi. Il giorno in cui venne Pietro Taricone, sfortunata star del Grande Fratello prima edizione, "le ragazzine invasero il locale". Veniva anche Ayrton Senna, che con l’aereo privato faceva portare al papà le mortadelle Alcisa.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro