Da Bologna a Londra, Radio Alice ora è un ristorante

L’ultimo progetto di Berberè avrà il nome dell’emittente icona del ’77

De Gregori ospite di Radio Alice

De Gregori ospite di Radio Alice

Bologna, 28 ottobre 2016 - London Calling! E Matteo e Salvatore Aloe, i fondatori di Berberè, rispondono. Così, da dicembre, la bolognesità che arriverà per le vie di Londra, anzi a Hoxton Square nel “modaiolo-sebbene-creativo” Shoreditch, quartiere giovanilistico di punta nella capitale inglese, sarà diversa da quella predicata in tutto il mondo.

Niente tortellini, mattarelli o zdore, bensì pizza e cultura alternativa, perché la nuova creatura dei fratelli calabresi ormai bolognesissimi di formazione e professione e famosi dal 2010 per la “light pizza”, si chiamerà “Radio Alice”, in onore della radio libera bolognese voce del movimento studentesco che nasceva 40 anni fa in città in una soffitta di via del Pratello e che veniva spenta nel 1977.

Salvatore, lei è del 1979 e suo fratello Matteo del 1986, e siete pure calabresi: cosa c’entrano il ’77 e Radio Alice con la vostra storia?

“Nostra zia Francesca ha fatto il ’77 e ci ha trasmesso il mito della città controculturale. Voleva assolutamente che nostra cugina si chiamasse Alice e faceva pressioni sulla sorella. Ma mio nonno non ne voleva sapere e fu infine chiamata Simona, così questo omaggio a Radio Alice è rimasto in sospeso per 35 anni”.

Quindi, lei è arrivato a Bologna con questo mito?

“Proprio così: sono approdato nel 1998 e coi compagni di università, tutti appassionati dell’argomento, abbiamo fatto anche le comparse nel film ‘Lavorare con lentezza’. Nell’antibagno del ristorante ci saranno le registrazioni della radio su cui stiamo facendo ricerca”.

Matteo, così avete rinunciato a portare il marchio Berberè che vi ha reso famosi all’estero.

“Gli inglesi proprio non riuscivano a pronunciarlo e con la nostra socia australiana Emma King, che vive a Londra da tempo, abbiamo deciso che Radio Alice era perfetta da pronunciare e ideale per dare visibilità alle tante voci della nostra agricoltura e portarle all’estero, in una città come Londra, dove non sono mai arrivate: dal produttore dei capperi di Salina che non ha nemmeno l’email al fior di latte di Putignano fino ad Alce Nero per le farine”.

Questa Bologna e questa italianità saranno parecchio inedite per gli inglesi.

“Ce ne rendiamo conto. In effetti lì chi pratica l’eccellenza della pizza, si rifà alla tradizione napoletana e per quel che riguarda la nostra Bologna beh..., noi dei suoi 900 anni e passa di storia, quello che ci portiamo nel cuore sono la street art, il ’77, la musica, i club pieni di concerti. Questi siamo noi”.

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