Bologna, 14 dicembre 2015 - Gian Matteo Ramini è un campione. Uno che quando cade non molla, si rialza. Anche se ci vuole fatica e la strada è lunga e in salita. Il giorno che traccia il solco nella vita di questo diciottenne, promessa del kung fu, è il 19 luglio. Giamma, che è stato promosso alle Laura Bassi, si è meritato una vacanza in Portogallo, assieme a tre amici. E qui, mentre passeggia sugli scogli in una domenica pomeriggio di sole, scivola. Batte la testa sulla roccia, entra in coma. Quello che segue sono mesi di ospedale, tra Lisbona e Bologna. Di cure e riabilitazione, prima alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris e, da qualche settimana, a casa. Dove lo aspettavano i genitori, Pier Francesco e Camilla, e le sorelle. E dove sta continuando, con più tenacia di prima, la riabilitazione, come racconta il papà.
Signor Ramini, Gian Matteo come sta?
«Sta recuperando, fa terapia ogni giorno, mattina e pomeriggio. È vigile e da quando è stato dimesso dalla casa dei risvegli sta affrontando la fisioterapia se possibile ancora con maggiore determinazione. Il prossimo traguardo sarà riuscire a camminare da solo. Si deve riconquistare tutto, ma lui è un leone. Si allena con lo stesso impegno che metterebbe per la preparazione al mondiale di kung fu».
Ancora non è tornato a scuola?
«No. Uno dei suoi sogni, però, è di dare la maturità assieme ai suoi compagni di classe. Sta lavorando anche con un logopedista e speriamo che riesca a tornare in classe per il secondo quadrimestre, abbiamo parlato con i professori, ci sono buone probabilità che ce la faccia».
Lei su Facebook ha definito suo figlio ‘uno degli immortali’...
«E lo è. Ho scritto quel post perché porterò Giamma e le sue sorelle al concerto di Lorenzo Jovanotti all’Unipol, il 22. Poco prima dell’incidente era stato a un altro concerto di Jovanotti, è come un segno della vita che continua, va avanti, nonostante tutto».
Voi gli siete stati sempre vicini.
«Dopo l’incidente, nel periodo del suo ricovero all’ospedale San Francisco Xavier di Lisbona, io e sua madre siamo stati per un mese in Portogallo. Non lo abbiamo lasciato un attimo. Il periodo più complesso è stato quello al Maggiore, perché nel reparto di Rianimazione non potevamo stare con lui 24 ore su 24. Poi, quando è uscito dal coma ed è stato nelle condizioni di essere trasferito nel centro De Nigris la strada è tornata in discesa: potevamo stare con lui per tutta la giornata, anzi gli operatori spingevano affinché lo stimolassimo. Sono stati bravissimi, professionali e hanno dimostrato gran cuore. Vorrei ringraziarli tutti».
Anche gli amici non hanno abbandonato un attimo suo figlio.
«Malgrado siano giovanissimi, gli amici di Giamma si sono dimostrati degli amici veri. Sono ragazzi bravissimi. Non lo hanno lasciato mai solo, neppure nei giorni più brutti, quando la speranza era appesa a un filo. Quando la notizia del suo incidente si è diffusa, sono stati tantissimi quelli che ci hanno contattato per sapere delle sue condizioni. Abbiamo sentito il loro affetto. Un affetto che ha aggiunto forza alla forza di Giamma. Lui davvero non molla mai».
Gian Matteo ha mai parlato del giorno dell’incidente?
«No. Ricorda perfettamente i giorni precedenti, i momenti subito prima della caduta. Poi è come se un gorgo nero abbia inghiottito la sua memoria. Ancora, anche per me, è difficile ripercorrere quei giorni. L’emozione mi blocca la voce».