Bologna, la rinascita di Marta. Dal tumore alle Paralimpiadi, grazie al Rizzoli

Operata al Rizzoli per un osteosarcoma. "E ora sugli sci con le protesi al bacino e al femore"

Marta Da Pra  con il professor  Davide Maria Donati

BOLOGNA MARTA DAPRA ATLETA PAOLIMPICA VISITA IL RIZZOLI IN OCCASIONE DEI DICIOTTO ANNI DAL TRAPIANTO DI BACINO. Nella foto MARTA DAPRA E il Dott. DAVIDE DONATI direttore della Clinica Ortopedica Oncologica

Bologna, 1 febbraio 2017 - Ha un sorriso contagioso e sfoggia una felpa bellissima, a lungo sognata. «Vuol dire che adesso sono un’atleta ‘certificata’ e che il prossimo anno spero di partecipare alle Paralimpiadi invernali in Corea nello sci di fondo. Ce l’ho fatta: due settimane fa ho superato i test in Ucraina e ho anche partecipato alla mia prima gara in Coppa del mondo».

L’entusiasmo di Marta Da Pra, 40 anni, è travolgente, mentre si gira si scatto e mostra con orgoglio la grande scritta ‘ITA’ sulle spalle e poi tutti i loghi cuciti sul tessuto della felpa. Cammina con il bastone dopo l’intervento di 18 anni fa: un osteosarcoma, al bacino e al femore sinistro. Non è tutto: nel 2015 protesi anche al ginocchio della gamba operata, a causa dell’artrosi avanzata.

E adesso? «Sono al Rizzoli per festeggiare l’anniversario del mio primo ingresso qui e il riconoscimento di essere diventata un’atleta paralimpica – spiega Marta –. Era il mese di gennaio del 1999, avevo 22 anni, quando si è scoperto che il tumore mi aveva colpito. Certo, in quei giorni non avrei mai pensato di poter arrivare tanto in alto – ammette –. Ho vissuto nove mesi in ospedale, tra chemioterapia, intervento, fisioterapia e quando sono tornata a casa, tra le mie montagne, a Lozzo di Cadore, ho chiesto a mio padre di appendere gli sci al chiodo».

Ma Marta la «montanara scatenata», come lei dice, non poteva mollare. Forse dentro di sé sapeva di avere le energie sufficienti per una seconda vita. «Eppure ho dovuto superare tante paure, a cominciare dal pericolo di cadere, ho ricominciato con le camminate, le ciaspolate e il corso di arrampicata, dove avevo portato mio figlio di 8 anni – ricorda – ma a lui non interessava, mentre a me sì. Da lì ho capito che se ero riuscita a suonare qualche campanella, sarei potuta anche tornare sugli sci». Accanto a lei il professor Davide Maria Donati, direttore della Clinica ortopedica e traumatologica III a prevalente indirizzo oncologico, ascolta. È il chirurgo che nel ‘99, allora in sala operatoria con il professor Mario Mercuri, ha ricostruito dapprima il bacino di Marta e poi nel 2015 anche il ginocchio. Da paziente ad atleta paralimpica.

Approva? «Nessun medico potrebbe incoraggiarla. Le avevo consigliato di fare la mamma... – risponde sorridendo –. Per ricostruire il bacino è stato necessario anche un innesto con osso della nostra banca e poi le protesi di titanio». Il professore non lo dice, ma sicuramente, quando Marta scenderà in pista, in molti faranno il tifo per la «montanara» operata al Rizzoli.

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