Nel salotto di Anna Majani, tra mobili di famiglia, arte e tradizione

L'imprenditrice apre la porta di casa sua al Carlino: "Bisogna cercare costantemente di essere all’altezza della storia"

Anna Majani in casa sua (foto Schicchi)

Anna Majani in casa sua (foto Schicchi)

Bologna, 18 giugno 2017 - Una storia, una dinastia, un’azienda che produce cioccolata: la Majani. Dopo 221 anni ancora attivissima, e sempre della stessa famiglia. Francesco Majani la fondò nel 1796, aprendo in vicolo Colombina il ‘Laboratorio delle cose dolci’. In seguito si trasferì in via Carbonesi, dove tuttora si trova il negozio storico. Una famiglia che ha resistito nei secoli alle sfide della concorrenza e a due guerre mondiali. Ora Anna Majani abita a palazzo Fantuzzi, in via San Vitale; un palazzo della metà ’500 considerato, tra i palazzi nobiliari bolognesi, il più anticonformista e spettacolare.

Signora Majani, lei appartiene a una famiglia importante che è parte della storia della nostra città: cosa significa?

“Molta felicità e gioia, ma anche preoccupazioni, io infatti lavoro molto, perché bisogna cercare costantemente di essere all’altezza della storia. E non sempre ci si riesce; ma i nostri cioccolatini sono buonissimi…”.

Cosa ha ereditato dai suoi genitori?

“Da mio padre Francesco l’educazione, il senso dell’onore, della lealtà, cose oggi rare e inacquistabili. Mamma Luisa era timida, un po’ schiva, forse schiacciata dalle personalità di papà e mia”.

Da quanto tempo abita in questa casa?

“Dal ’94. È stata una ricerca molto lunga, circa dieci anni, perché era difficile trovare una casa che potesse contenere tutti i mobili appartenuti alla mia famiglia, e di una certa mole. Avevo bisogno di una casa con soffitti di una certa altezza”.

Quando l’ha arredata che cosa non doveva assolutamente mancare?

“Prima di tutto i miei mobili, che i nostri contadini durante la guerra salvarono portandoli dalla campagna di Paderno a Bologna su un carro trainato dai buoi. Mobili che spero restino sempre nella nostra famiglia, in ciò confido molto in mia nipote Vittoria. In particolare non dovevano mancare i 23 vasi di cristallo: sono la rimanenza dei cento che il libro autografo del fondatore ‘Cose accadute nel tempo di mia vita’ cita presenti nel nostro negozio ai primi dell’800”.

La casa è coinvolta nella sua vita sociale?

"Sì, ma qui si va a cena solo se ci sono artisti famosi, come Pier Luigi Pizzi, Umberto Orsini, Gabriele Lavia e Giuliana Lojodice, miei grandi amici. Tra coloro che non ci sono più, Claudio Abbado, Paolo Stoppa, Renato Rascel”.

Che rapporto ha con il teatro Comunale?

“Nessuno. Non ho più cariche. Mi rifiuto di entrare in quel teatro che ha davanti la vergogna che vediamo. Ha bisogno di essere rinnovato dalle fondamenta… Vado però nei teatri di tutto il mondo. Ho l’abbonamento alla Scala e alla Fenice. Il teatro e la musica sono le mie grandi passioni, la mia vita, oltre il lavoro s’intende”.

Suo figlio, un bel regalo della vita…

"Sì. Francesco dice che sono nata fortunata. Ma la mia fortuna è avere avuto un figlio come lui. Se non avessi visto che era così in gamba, avrei venduto. L’azienda non è obbligatorio dirigerla se non sei tagliato. È meglio vendere, e di acquirenti ne avremmo avuti e ne abbiamo…”.

Oltre alla passione per il teatro e i viaggi, di cosa si occupa?

"Di volontariato. Sono 52 anni che vado a Lourdes. Ho avuto incarichi nazionali e internazionali. Adesso faccio solo formazione. Vado anche a Loreto con il ‘Treno della grazia’ dei bambini, dove io sono lo storico capo servizio refettorio. Ho fatto molti viaggi, ho girato il mondo, tra i più curiosi Alaska, Groenlandia e Islanda”.

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