Seci punta all’auto-salvataggio (senza Taconic)

La holding del gruppo Maccaferri ha presentato il piano di concordato in continuità. Esce di scena il fondo americano

Il piano di concordato in continuità da parte di Seci è stato presentato al Tribunale giov

Il piano di concordato in continuità da parte di Seci è stato presentato al Tribunale giov

di Rosalba Carbutti

Il piano di concordato in continuità da parte di Seci, la holding del gruppo Maccaferri, è stato presentato giovedì sera al Tribunale di Bologna. Ma, colpo di scena, il fondo americano Taconic non c’è. In pratica, si tratta di un piano di auto-salvataggio da parte dell’azienda. Il motivo, da quello che trapela, è che l’offerta di Taconic non è stata considerata adeguata per il soddisfacimento dei creditori. E, quindi, si è scelto un piano alternativo in grado di tutelarli.

L’intento, poi, sarebbe quello di salvaguardare sia la parte dei lavoratori, sia la parte produttiva, così come è stato fatto finora, da quando sono iniziati i guai della galassia Maccaferri, per le altre divisioni del Gruppo.

I sindacati, in realtà, hanno reagito con preoccupazione. Senza il fondo Taconic, restano però tanti interrogativi. E lunedì è previsto un incontro tra l’azienda e i sindacati.

Marco Colli (Fiom-Cgil) va all’attacco: "Ora basta, qui siamo ai giochi di prestigio. Abbiamo bisogno subito di un chiarimento, la situazione non è affatto chiara".

Unica certezza, al momento, è che la data da cerchiare in rosso resta il 23 marzo, quando è stata fissata l’udienza del Tribunale che ha un mese di tempo per decidere se il piano di concordato in continuità è sostenibile o meno, verificando i documenti presentati. Soltanto allora si capirà il destino di Seci e dei suoi quaranta dipendenti. Un destino che non sarà firmato da Taconic.

Passando alla divisioni Samp, dopo l’acquisizione dei tedeschi di Emag di Samputensili Machine Tools, ci sono buone possibilità di soluzione per Sampigranaggi: il 12 marzo è stata fissata l’asta dove il gruppo Bonfiglioli è in prima linea. Resta il nodo Sampsistemi: dopo l’uscita di scena del fondo Muzinich, in campo c’è la cordata di manager della società finanziaria svizzera Hvd Partners.

Infine, l’incognita di Officine Maccaferri. La storica azienda dei gabbioni di Zola Predosa avrebbe dovuto essere rilanciata da Ad Hoc Group, cordata di fondi capitanata da Carlyle. Dopo due proposte di finanza d’urgenza bocciate dal Tribunale di Bologna, si attende il nuovo piano di ristrutturazione, questa volta di 20 milioni di euro.

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