Selcom: troppi ordini, si lavora anche il sabato

Accordo con i sindacati sugli straordinari. L’azienda, che quattro anni fa era stata travolta dalla crisi, ha trecento dipendenti

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di Riccardo Rimondi

Un accordo sugli straordinari il sabato per gestire il boom di ordini, in un’azienda che quattro anni fa era sull’orlo del baratro. Succede alla Selcom di Castel Maggiore, specializzata nella produzione di sistemi elettronici, che con circa 310 dipendenti è una delle maggiori realtà metalmeccaniche della provincia. Nell’autunno 2016 l’azienda era finita in concordato, travolta da una crisi finanziaria e di liquidità pesantissima che ne aveva messo a rischio la sopravvivenza. Ma si è salvata, è stata venduta all’asta l’anno successivo e, ora, si trova a fronteggiare un problema che quattro anni fa nessuno si sarebbe aspettato: un forte incremento di commesse proveniente dalla multinazionale tedesca Bosch, uno dei maggiori clienti del gruppo con sede a Castel Maggiore.

Per farvi fronte Selcom ha investito sui macchinari (si parla di circa 10 milioni di euro) e stabilizzato otto lavoratori interinali. Ma non è bastato.

E così nei giorni scorsi azienda e rappresentanti sindacali hanno firmato un accordo sugli straordinari: in base al testo sottoscritto, dal 21 settembre e sino a fine anno Selcom potrà chiedere ai dipendenti della divisione interessata al boom di commesse (circa una quarantina di lavoratori) di lavorare a rotazione anche il sabato, in turni di sei ore (dalle 6 alle 12 e dalle 12 alle 18). I dipendenti, entro il 30 settembre, potranno scegliere la contropartita, fra tre possibilità.

Potranno riscuotere il pagamento delle ore di straordinario: le maggiorazioni, del 30% le prime due ore e del 55% per quelle successive, sono superiori a quelle del contratto nazionale, e a queste si aggiunge l’indennità di turno di mezz’ora maggiorata al 25%.

La seconda ipotesi è quella dell’accantonamento in banca ore, con la riscossione della sola maggiorazione (ma per intero, invece che decurtata). La terza possibilità, invece, è quella di rinunciare anche alla maggiorazione, accantonando però nove ore di tempo libero ogni sei ore lavorate. In pratica, a una settimana lavorativa di 46 ore ne corrisponderebbe una di 31 ore. "Siamo soddisfatti – commenta il funzionario della Fiom Marco Colli – perché in mezzo a mille difficoltà del mercato, con molte aziende che si spostano all’estero, una realtà che fa questo tipo di lavoro resta in Italia e, senza svendere i diritti, contrasta la concorrenza del sud-est asiatico. Dare la scelta ai lavoratori è un fatto di democrazia ed è un tentativo di abbattere l’orario di lavoro in fabbrica, come ci viene richiesto da tempo".

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