"Sempre attaccato all’ossigeno A Vergato mi hanno ridato la vita"

Luca Versace, 53 anni "Oltre un mese in reparto, oggi faccio ancora fatica a fare le scale"

Migration

Quando parla di Nicolino Molinaro, direttore della Medicina dell’ospedale di Vergato, oggi reparto Covid, e del suo staff sanitario, il prof Luca Versace (a sinistra) piange. "Anni fa ho insegnato proprio a Vergato, ma non pensavo vi fosse una struttura del genere... Qui mi hanno rimesso in piedi, si sono presi cura di me in tutto e per tutto. Dal primario a chi fa le pulizie. A tutti loro dico grazie". Il Covid, rispetto alla prima ondata, colpisce sempre più persone giovani, e il 53enne calabrese di Africo Nuovo, ne è un chiaro esempio. Docente all’istituto Pacinotti, a Bologna è arrivato nel lontano 1986 per iscriversi all’Università e da allora la città di Guglielmo Marconi, Pier Paolo Pasolini e Lucio Dalla non l’ha più abbandonata. "Non capisco – attacca il prof – chi ancora oggi parla di complotti, di un virus che non esiste, di morti che non esistono, di vaccini da evitare. Davvero, non capisco questa gente. Peggio ancora chi sfascia le auto dei medici e degli infermieri, da oltre un anno in prima linea. Il Covid è letale, ha messo in ginocchio il mondo intero e io lo posso confermare. Oggi, nonostante sia tornato a casa dopo oltre un mese di ospedale, faccio ancora fatica a fare le scale, a portare un sacco della spesa. Il Covid mi ha colpito dentro e fuori e il pensiero di morire mi ha devastato".

Il virus si è insinuato dentro di lui a febbraio, i primi sintomi il giorno di San Valentino. "Dopo pranzo – racconta – un gran male alle ossa, le ginocchia che pareva si spezzassero. Poi la notte è comparsa la febbre sempre più alta". Il 18 il tampone molecolare non lascia più dubbi: positivo.

Si va a ritroso a caccia di tutti i contatti, tre classi della sua scuola finiscono in quarantena, ma per fortuna nessuno studente risulterà contagiato. Il professore però sta sempre peggio, fino al ricovero al Maggiore con l’ossigeno attaccato "giorno e notte". In reparto, all’undicesimo piano, parla di "situazioni da non credere". Con i medici "sempre a caccia di nuovi letti" per pazienti che "continuavano senza sosta ad arrivare".

"Pensavo ai miei bambini di 11 e 12 anni, a mia moglie a casa e piangevo". Anna, Giorgio Domenico e Nina pure loro positivi ma con forme abbastanza lievi, in ospedale invece vi finirà il fratello Giuseppe Versace. "Se sono ancora qui a raccontare – riprende Luca, commosso al telefono – è per quegli angeli in reparto, che Dio li benedica ogni santo giorno". Sul come e dove è avvenuto il contagio, Versace può solamente fare ipotesi: "Nonostante la mascherina sempre sulla faccia, mi sono ammalato ugualmente. I luoghi che frequento, dalla scuola al tribunale (dove fa il Ctu, ndr), sono tanti. Basta un attimo e il virus non perdona. E spero che la mia storia – chiude con un filo di voce – ora possa essere di stimolo per coloro che ancora sono restii nel credere nell’esistenza del Covid e nell’efficacia dei vaccini".

n.b.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro