"Serve vaccino o tampone per la salute degli altri"

Le associazioni di categoria favorevoli all’obbligo per tutelare tutti i cittadini "Così più sicuri. Utile a rimanere aperti ora che l’economia si sta riprendendo"

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di Maria Letizia Camparsi

Green pass sì, Green pass no. A differenza dei gestori di bar e ristoranti, i rappresentanti di categoria hanno un approccio più favorevole all’ipotesi di imporre l’obbligo della certificazione per entrare nei luoghi pubblici. "Sarebbe un elemento di sicurezza e garanzia – dice Amilcare Renzi, segretario di Confartigianato Imprese –, sicuramente ci renderebbe più tranquilli, dopo un anno drammatico. In questo momento registriamo una ripresa economica forte e una straordinaria risposta dell’artigianato e delle piccole imprese. Vogliamo augurarci che ci sia un senso di responsabilità alto da parte della cittadinanza, soprattutto da parte di quelli che non si sono ancora vaccinati e che sono invitati a farlo".

L’obiettivo è trovare il modo per non chiudere più: "A questo punto bisogna prendere quel che c’è, pur di continuare a lavorare – spiega Enrico Postacchini, presidente di Ascom –. Se le regole che ci sono ora non bastano, faremo quello che è necessario, ma l’importante è rimanere aperti. Certo bisogna che funzioni e che si faccia in tempi utili e, poi, non deve essere limitato ad alcune categorie, lasciandone fuori altre. Deve essere un’iniziativa sensata e utile perché tutti i cambiamenti presuppongono degli investimenti, da parte dello Stato e anche da parte nostra, perché dobbiamo adeguarci alle direttive".

C’è anche chi è contrario, come Lorenzo Rossi, direttore di Confesercenti: "Non ci sono le condizioni per applicare il Green pass a ristoranti e bar. Avrebbe senso negli stadi, ai concerti, nelle discoteche o nei trasporti pubblici, ovvero tutti i contesti in cui è difficile rispettare il metro di distanza: in quel caso, potrebbe diventare un incentivo che spinge a vaccinarsi chi vuole partecipare. Inoltre, il certificato contiene dati sensibili e i gestori dei locali non sono dei pubblici ufficiali, a che titolo potrebbero chiedere quel documento?".

La pensa in maniera opposta Claudio Pazzaglia, direttore di Cna Bologna, che ritiene corretto prendere tutte le precauzioni necessarie per proteggere la salute dei cittadini e appoggia quindi l’idea del governo: "La nostra posizione è lineare con altre regole che esistono in Italia. Ad esempio, chi fuma ha un comportamento antisanitario e gli viene proibito di farlo in determinati luoghi al fine di tutelare gli altri. Per analogia, vale la stessa cosa per il Green pass. La vediamo favorevolmente: è un’occasione per continaure a fare le cose che ci sono mancate per mesi, non un limite. Capisco che nei bar non è semplice, quindi si potrebbe limitare il provvedimento alla parte interna dei locali. Ma è una questione di buon senso, non è finita la pandemia".

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