Sesso e cocaina nelle ville Sentite quindici ragazze

Tra loro non solo escort e "alcune fatte trovare già nelle case dei ’vip’". E uno degli indagati del nuovo fascicolo rischia l’accusa di intralcio alla giustizia

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di Nicola Bianchi

C’erano escort di professione, pagate alcune centinaia di euro per trascorrere una serata ’piccante’ con uomini facoltosi, ma anche ragazze ’comuni’ alle quali piaceva la bella vita, il regalo di lusso, soprattutto la cocaina. Giovani, avvenenti, bellissime. Come una ventisettenne diventata una delle protagoniste dell’inchiesta ’madre’ sui festini di Villa Inferno, l’abitazione di Pianoro alle cui nottate proibite prese parte anche una minorenne (parte civile nel processo che vede 15 imputati a vario titolo di induzione alla prostituzione e pornografia minorile, spaccio, truffa) e dove la polvere bianca si trovava dappertutto, pure sui piatti della cucina.

NELLE VILLE

Una quindicina le ragazze già sentite dal pubblico ministero Stefano Dambruoso e dai carabinieri del Nucleo Investigativo nell’ambito del nuovo filone, con già degli indagati, nato da uno stralcio di Villa Inferno, che ipotizza i reati di spaccio e favoreggiamento della prostituzione. Ovvero da un lungo verbale di fine novembre 2020 con le dichiarazioni di una quarantenne che fece una serie di nomi di personaggi in ’vista’ di Bologna – imprenditori, assicuratori, un notaio, sanitari, avvocati, un frate, ex appartenenti alle forze dell’ordine e molti altri –, raccontò circostanze, parlò di locali e ville del centro storico, sui colli e del primo hinterland cittadino, dove avvenivano incontri e festini a base di sesso e coca. "All’uscita del locale – disse la donna parlando di un imprenditore – porta queste persone a casa sua (...) e lì si svolgono i festini dove (...) per 80 euro offre la cocaina o una ragazza che fa trovare già in casa".

INTRALCIO

Ora però il coraggio della testimone – che molte delle persone tirate in ballo ora la accusano di non essere attendibile – è stato pagato a caro prezzo. Il 28 ottobre, in un ristorante cittadino, sarebbe stata avvicinata e "offesa" da uno degli indagati dell’inchiesta. "Inutile che mi saluti – si legge dalla querela sporta da lei e riferita ad alcune frasi dell’uomo –, adesso entra (...) che ti spaccherà una bottiglia in testa". E ancora: "...mi insultava chiamandomi p.... e infame per aver raccontato tutto ai carabinieri della droga e del giro di prostituzione". Ma ora, chiosa l’avvocato Barbara Iannuccelli, "per aver collaborato con la giustizia vive nel terrore".

Secondo la testimone, l’imprenditore che l’avrebbe aggredita verbalmente teneva in mano l’atto testimoniale del novembre 2020 che ha dato vita all’indagine. Oltre a minaccia e violenza privata, da quanto trapela, l’imprenditore potrebbe rispondere pure di intralcio alla giustizia per aver intimidito una testimone. L’indagine va avanti.

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