"Siamo al lavoro per i vaccini ‘made in Bo’"

Valentina Marchesini: "Già in campo per Sputnik. Se si riattivano i reattori di Bio-on è ottimo, ma ci vogliono comunque otto mesi"

Siamo al lavoro per i vaccini ‘made in Bo’

Siamo al lavoro per i vaccini ‘made in Bo’

di Rosalba Carbutti

La Regione Emilia-Romagna ha alzato la mano per essere in prima linea nella produzione dei vaccini. ll tutto potrebbe partire dalla rinascita di Bio-on, azienda di bioplastiche di Castel San Pietro fallita nel 2019 e che il 5 maggio finirà all’asta, ma che ha cinque bioreattori di fermentazione farmaceutica e chimica. Bioreattori preziosi proprio per produrre i vaccini perbattere il Covid. Il nostro territorio ha poi un valore aggiunto: la filiera ‘made in Bo del packaging. Valentina Marchesini, direttrice risorse umane dell’omonima multinazionale di Pianoro, leader nel confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici e alimentari, e neopresidente della Fondazione Marchesini ACT per la ricostruzione post-pandemia, è già al lavoro.

Se si riattivano i bioreattori di Bio-on, voi siete pronti?

"Noi ci siamo. Il vaccino russo Sputnik ’gira’ sulle nostre macchine. Ci sono già nostre linee di confezionamento in giro per il mondo, una nostra squadra in questi giorni è a Taiwan. Ma non è così immediato".

I tempi sono lunghi?

"La riattivazione dei reattori di Bio-on non si fa in cinque minuti. Ma ci vogliono almeno quattro mesi. E mettere in campo una linea d’infialamento sterile non si fa in due settimane".

Se i reattori partono, però, voi potete accelerare...

"Stiamo già lavorando su questo. Ma ci vogliono almeno otto mesi per creare una di queste linee di confezionamento: stiamo correndo e le competenze ce le abbiamo tutte. Ma arrivare prima dell’autunno sarebbe comunque impossibile".

Qual è il nodo?

"Dobbiamo garantire al cliente che quello che viene inoculato a me è lo stesso che viene inoculato a te. Il processo è complicato, c’è un lavoro immenso dietro".

In ogni caso produrre vaccini è fondamentale anche per i prossimi mesi...

"Non c’è dubbio. E non è un caso che il mercato si stia muovendo in questa direzione. Ormai i nostri clienti ci chiedono soltanto macchine per i vaccini".

Ma il vaccino italiano potrebbe diventare realtà?

"Intanto bisogna capire se noi entriamo in campo per il ’nostro’ vaccino. O se dobbiamo produrre linee per Pfizer, Moderna o AstraZeneca che ci cedono il loro brevetto. Gli interrogativi, insomma, sono tanti".

Produrre i vaccini, insomma, è una sfida difficilissima anche per i gioielli del packaging.

"Eh, certo. Ma su questi argomenti non si può azzardare. Certo noi e Ima facciamo il nostro mestiere. E continuiamo a farlo. E come dice l’assessore regionale Vincenzo Colla: qui c’è la filiera giusta".

Insomma, la speranza del vaccino italiano ‘made in Bo’ è possibile?

"Nel nostro Paese abbiamo tante aziende farmaceutiche strutturate e importanti in grado di farlo. Ma per accelerare dovrebbero riconvertirsi sui sieri anti Covid. Macchine di quella tipologia producono ad esempio farmaci oncologici. Non sarebbe giusto smettere di produrre quelli. Dobbiamo essere cauti e non perdere di vista nulla".

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