"Siamo in guerra per salvare le vite: quando tutto finirà, non scordatevi di noi"

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"Sono sepolto in rianimazione e dormo in albergo, grazie al sostegno della Fondazione Sant’Orsola, per evitare di contagiare i miei familiari. Dal 24 febbraio lavoro 18-20 ore al giorno, anche la domenica. Certo, questa guerra non la combatto da solo. Scusi, mi stanno chiamando al telefono".

Marco Marseglia, 55 anni, sposato, tre figli, coordinatore infermieristico di alta intensità del padiglione 23, sta comunicando 5 raddoppi di turno. "Hanno finito di lavorare alle 8 e stasera dovranno rientrare: qui salviamo le vite".

Quanti sono i ‘suoi’?

"Fino a venti giorni fa erano 110, adesso sono saliti a 165. Sono numeri che cambiano di ora in ora, la direzione continua ad assumere infermieri e operatori socio sanitari: erano 20, sono già 45".

Qual è l’aspetto più difficile da superare?

"Qui siamo come su un campo di battaglia: abbiamo i malati più gravi, attaccati alle macchine. Eppure nessuno si tira indietro, benché lavorare con gli ’scafandri’ non sia facile, solo il motore che ci dà l’aria fresca peserà due chili: quando togliamo maschere e occhiali abbiamo i segni sul viso".

Vi aiuta la solidarietà dall’esterno?

"Sì, è importante: speriamo che quando tutto questo finirà, nessuno si dimentichi di noi".

Donatella Barbetta

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