"Siamo in pochi, la qualità dell’assistenza è bassissima"

Anna, 30 anni, lavora nell’Area medica: "Quando va bene manca un solo collega, spesso sono due. Siamo all’esasperazione"

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La qualità dell’assistenza, in questo momento, è bassissima perché non si riesce a fare tutto quello che si vorrebbe: quando va bene, in reparto siamo una persona in meno, altrimenti ne mancano due".

L’affermazione è di Anna, 30 anni, infermiera professionista dell’Area medica del Maggiore.

La sua giornata lavorativa come inizia?

"Alle 7 si prende servizio, i colleghi della notte lasciano le consegne di tutti i pazienti che sono sempre almeno una trentina. Poi si parte decidendo cosa ognuno di noi deve fare: prelievi, medicazioni, terapie, gestione dei pazienti Covid. Ma non è certo finita".

Che altro c’è?

"La gestione delle telefonate, dei consulenti che arrivano in reparto, i campanelli dei pazienti che suonano perché hanno bisogno, i familiari che arrivano per le visite e devono essere istruiti per il pericolo contagio. Tante volte devi fare anche da segretaria al primario che ha bisogno. Il turno del pomeriggio è nelle stesse condizioni di lavoro. Tutto questo con un collega in meno, se non due. Sto parlando di entrambi i turni circa la carenza di personale".

I colleghi mancano per quale ragione?

"Ci sono persone contagiate dal virus ma ci sono anche i periodi di ferie. E’ veramente complicato gestire tutto: è una continua corsa contro il tempo e certe cose non riesci a fare e le devi lasciare ai colleghi del turno dopo".

Quali, ad esempio?

"Le medicazioni: vorresti farle ma non ne hai il tempo, il resto lo fai ma con meno attenzione, bisogna essere sinceri: devi fare tutto molto più in fretta per riuscire a eseguire l’indispensabile, come le terapie, e questo non va bene".

Quali sono i problemi maggiori che riscontra in questo momento?

"Una qualità assistenziale bassissima e il pericolo che succede qualcosa di avverso al paziente per cui te accorgi in ritardo. Poi la grande stanchezza psico-fisica di tutti noi operatori sanitari: è una situazione che ti porta all’esasperazione".

Se tornasse indietro è una professione che sceglierebbe nuovamente?

"Sì, nonostante tutto, sì. Nessuno di noi ha la pretesa che tutto venga fatto come ti hanno insegnato all’Università. Chiaramente ci deve essere un adattamento alle situazioni, ma adesso sta venendo meno la dignità del paziente e nostra".

Monica Raschi

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