Signori e i tiri mancini del destino: "Io, Mihajlovic e le nostre punizioni"

Beppe-gol ricorda l’annata alla Samp dove i due si dividevano i calci da fermo: "Era il migliore, da lontano". E rende omaggio alla persona: "Si espose per me quando ci fu il caso-scommesse, non lo dimenticherò"

Bologna, 18 dicembre 2022 - Al dio del calcio piacciono i romanzi. Uno di questi racconta degli unici due giocatori capaci nella storia del nostro campionato di segnare una tripletta direttamente da calcio di punizione. In comune? La bacchetta magica sul piede sinistro e le impronte lasciate indelebili sullo stesso tragitto - tra Roma, Genova e Bologna - anche se in tempi e direzioni diverse, perché forse quella ricchezza era più giusto distribuirla. In principio compagni, poi amici veri, anche se il paradosso è che insieme giocarono la miseria d’una stagione, quella 1997-98 con la Sampdoria. Pare un romanzo, ma è la storia vera di Sinisa Mihajlovic e Beppe Signori. Seguendo le strade della vita, si sono incontrati di nuovo sotto le Torri, dove Beppe-gol ha messo radici, mentre Sinisa ha scritto uno dei capitoli più intensi della sua vita. Purtroppo l’ultimo. Oggi strappa un sorriso ripensare a quella parentesi genovese, quando, appunto, il dio del calcio si divertì a mettere nella stessa squadra i due migliori artisti del calcio piazzato.

Voleva dividere, e ha unito - di Valerio Baroncini

Signori con Mihajlovic, compagni alla Samp, in una sfida contro l’Inter del dicembre 1997
Signori con Mihajlovic, compagni alla Samp, in una sfida contro l’Inter del dicembre 1997

Scusi, Signori, ma come facevate con le punizioni? Avevate trovato un compromesso?

"Semplice: lui tirava quelle più lontane, io quelle da più vicino. C’è un mio gol, infatti, contro il Parma, in cui si vede che siamo uno affianco all’altro. Io gli dico: ‘Sinisa, fammela calciare’. Lui accettò e io segnai a Buffon".

Non doveva essere facile convincerlo...

"Penso di essere stato tra i pochi a esserci riuscito. Lui era il migliore dalla lunga distanza e lì non c’era discussione. Aveva questo tiro che si abbassava improvvisamente: imprendibile".

Se ripensa a quell’anno insieme, qual è la prima fotografia che le viene in mente?

"Vedo davanti ai miei occhi l’immagine di noi due che ci fermiamo dopo gli allenamenti per fare gare di calci di rigori e punizione. Erano sfide continue".

Che compagno era Sinisa?

"Aveva qualità straordinarie. In campo ti trasmetteva una grande sicurezza, poi riusciva a impostare il gioco in maniera fenomenale essendo dotato di un calcio che ho visto raramente. E anche fuori dal campo ti aiutava tantissimo. Io arrivavo da Roma, lui era tra i senatori di quel gruppo e fu fondamentale per il mio inserimento in uno spogliatoio nuovo".

E l’uomo-Sinisa?

"Una persona sincera, diretta, che preferiva tra virgolette ferirti, ma con l’intenzione di farlo per il tuo bene. Non si è mai nascosto dietro a nulla, non è mai stato banale, anche nelle dichiarazioni: questo ovviamente ha fatto sì che dividesse la gente, tra chi lo amava e chi no".

Poi è arrivata la malattia...

"Lì ha dimostrato di avere due attributi enormi. Ha cercato di lottare fino all’ultimo contro un avversario devastante, ce l’ha messa tutta. E questo credo sia un’eredità preziosa lasciata a tutte quelle persone che pensano di non farcela".

E’ riduttivo, però, ricordarlo solo come un guerriero?

"Sì, perché Sinisa era tante cose insieme. Aveva sempre il sorriso sulle labbra. Un ragazzo sensibile, ma allo stesso tempo deciso, autoritario".

L’ultima volta che l’ha sentito?

"A dire la verità nell’ultimissimo periodo non ci siamo sentiti, ma io avevo sempre notizie su di lui. Amava venire nel nostro ristorante quando stava bene, era molto affezionato, tanto che pur in ospedale si faceva portare i nostri piatti. Ma io porto nel cuore alcune sue parole".

Quali?

"Quando dopo la mia assoluzione dalla vicenda del calcioscommesse (vicenda durata dieci anni e finita nel marzo 2021, ndr ), lui si è detto contento per me, che ero stato ingiustamente accusato. Ecco questo era Mihajlovic: uno che si esponeva, ci metteva la faccia. Lo ringraziai all’epoca e lo voglio rifare anche ora: grazie Sini, hai dimostrato di essere un uomo vero".

 

 

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