Simona Bertozzi: "La danza è una grazia"

L’artista nel video di Mellara e Rossi all’Oratorio di San Filippo Neri. "Fin da bambina ho sentito la necessità di stare in movimento"

Cos’è la danza? "Una grazia che apre alla dimensione dello stupore e della meraviglia". Parola di Simona Bertozzi, una delle danzatrici e coreografe più affermate del momento, abituale ospite dei festival non solo italiani. "Ho cominciato frequentando lezioni di danza classica – racconta lei, romagnola di nascita ma bolognese di adozione – perché mi attraeva quel codice di disciplina e di rigore ostinato. Poi, frequentando il Dams dove mi sono laureata, ho incontrato il mondo della contemporaneità". E’ Bertozzi la protagonista del video di Michele Mellara e Alessandro Rossi visibile da oggi sul sito, le pagine Facebook e il canale You Tube dell’Oratorio San Filippo Neri. Si tratta del penultimo appuntamento del ciclo Il giorno che verrà (l’ultimo sarà con Marco Baliani), dieci ritratti d’artista prodotti da Mismaonda per la Fondazione del Monte. Nel video-racconto Simona è accompagnata dal danzatore Aristide Rontini, con il quale esegue alcuni frammenti di una creazione, Prometeo.

Lo spettacolo dal vivo sopravvive in streaming. Che ne pensa?

"Il web ha un senso in periodi come questi e può fornire formati interessanti, ma il mio lavoro si basa sulla prossimità. Qualche esperienza non dal vivo l’ho avuta: Lepida tv ha tramesso il mio Joie de vivre, Rai5 ha mostrato brani di Lotus, il lavoro che ho svolto con le ragazze Tamil. In questa fase però preferisco aspettare, studiare e lavorare in residenza, con tutte le precauzioni, a piccole creazioni".

Ha spettacoli pronti?

"Mi piacerebbe riprendere Tra le linee, un allestimento che ho presentato al festival di Torino con cinque danzatori e un quartetto d’archi imperniato sulla Grande fuga di Beethoven. Sto anche pensando a un duetto e a un solo. Tutto, anche per quanto riguarda la programmazione estiva, resta però sospeso".

Perché ha scelto di ballare? "Nella mia famiglia non c’era abitudine al teatro ma io ho avvertito fin da bambina la necessità di stare in movimento, o meglio di stare nel mio corpo anche in modo estremo. Dopo il Dams, ho iniziato a lavorare come danzatrice in giro per l’Europa prima di entrare nella compagnia di Virginio Sieni. Poi da dieci anni ho deciso di affondare il coltello in una ricerca mia. E’ una scelta coraggiosa ma ormai lavori sicuri non ci sono più. Oltretutto da parte delle istituzioni vedo un tentativo più articolato di sostenere il settore".

Ha punti di riferimento?

"Fin dall’inizio mi hanno illuminata Merce Cunningham e Trisha Brown. Stimo molto coreografi italiani come Michele Di Stefano e Cristina Rizzo".

Che immagine ha della danza?

"Qualcosa di ampio che sta sopra l’umano e che lascia strisce e geometrie. Mi viene da pensare alle chiome degli alberi che si muovono senza toccarsi mai".

Claudio Cumani

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