Yuri Zini: "Sognavo di guidare i treni, ora il mio riscatto"

A 6 anni si salvò dalla strage per un soffio. "Ho lanciato i tre fischi per dare il via al silenzio. La mia vita? Se sento un rumore forte, sto male"

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di Rosalba Carbutti

"Io non mi rassegno. Non mi voglio rassegnare". I versi del poeta bolognese Roberto Roversi, scritti qualche giorno dopo la strage della stazione di Bologna, potrebbero, oggi, essere le parole giuste per descrivere l’emozione di Yuri Zini, 46 anni.

Yuri nel terribile 2 agosto 1980 aveva sei anni e nella sua testa piccina piccina aveva un pensiero fisso: "Voglio fare il ferroviere". Lo ripeteva sempre. Come fosse una litanìa.

Poi c’è stata la bomba, lui che viene ferito ma si salva per un soffio col padre. Il sogno, di fare il macchinista, però, viene spazzato via assieme alla polvere, le macerie, i morti, i feriti.

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Ma Zini – che indossa una mascherina con la scritta "Bologna non molla" – non si rassegna e non vuole rassegnarsi. E ieri, mentre gli altri famigliari delle vittime erano in piazza Maggiore per le celebrazioni, è corso in stazione per dare il via ai tre fischi del treno che hanno segnato, come tutti gli anni, il minuto di silenzio per le 85 vittime della strage.

Zini, come si sente?

"Sono emozionato. È la seconda volta che ho questa opportunità. E per me è una sorta di riscatto. Dal 2 agosto 1980 faccio molta fatica a salire sui treni. Sento qualcosa che mi frena. Per me è stato impossibile realizzare quel sogno: fare il ferroviere".

Che cosa ricorda del 2 agosto 1980?

"Mio padre mi ha raccontato che cosa è successo. Che ci siamo salvati per pochi secondi. Conosco ogni piccolo particolare. Ma nella mia testa non c’è niente, ho rimosso tutto. Me l’hanno spiegato gli psicologi che mi hanno seguito. Dentro, però, mi è rimasto qualcosa d’inconscio. Mi basta sentire un botto. E sto male".

Il rumore la fa tornare indietro di 40 anni?

"Non me ne rendo conto, ma mi blocco. Mi giro di spalle, come se volessi proteggermi. Oggi cerco di condurre una vita normale. Ma poi sento un boato e sobbalzo. Per quindici secondi smetto di parlare e la mente, è inutile, va a quel giorno lì".

L’inchiesta sta andando avanti. Dopo tanti anni crede che giustizia sarà fatta?

"Non ci bastano gli esecutori materiali della bomba, vogliamo sapere tutto dei mandanti. Vogliamo giustizia e verità. Per noi. Ma soprattutto per le 85 vittime".

 

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