MILANO MARITTIMA Ravenna)
Sono onde tutte da decifrare quelle che attendono le ottantuno tartarughe marine venute alla luce nella notte fra martedì e mercoledì sulla spiaggia di Milano Marittima, davanti a un pubblico di cento persone, le prime a vedere una schiusa di Caretta caretta in Emilia Romagna. "E’ difficile immaginare la loro vita futura", spiega Simone D’Acunto, direttore del Centro sperimentale per la tutela degli habitat di Marina di Ravenna, che ha coordinato l’esercito di volontari impegnato a monitorare il nido per due mesi. La tartaruga senza nome che ha deposto qui le novantuno uova (dieci delle quali devono ancora schiudersi) era un esemplare non dotato di fascia di riconoscimento, del quale fu dunque impossibile indovinare la provenienza: "sappiamo solo che era un esemplare cosiddetto ‘pioniere’, uno di quelli cioè che l’istinto spinge oltre i confini delle normali abitudini delle Caretta caretta. Questo significa che le giovani tartarughe sono le prime ad affrontare il mare emiliano romagnolo in età così giovane". Davanti a loro ci sono tutte le insidie della giovinezza: "in questa prima fase della loro esistenza sono più a rischio di essere predate, da uccelli, pesci e squali. Statisticamente, poche di loro raggiungeranno l’età adulta".
L’imperatrice degli oceani – le tartarughe marine sono presenti nelle acque di gran parte dei mari da circa 72 milioni di anni: sono dunque sopravvissute all’estinzione di massa che costò la vita ai dinosauri – è fra le specie maggiormente minacciate dalla plastica nei mari: questo costringe molte di loro ad essere curate ogni mese al Cestha.
Alcune delle domande poste più di frequente in questi mesi ai volontari non hanno tuttora risposta: il percorso seguito dalle tartarughe durante la loro vita acquatica è ancora poco noto alla scienza. Per sapere quante delle nuove nate torneranno a nidificare sulla spiaggia in cui sono venute alla luce bisognerà aspettare che diventino adulte, fra una ventina d’anni. E, come accaduto quest’estate, tenere gli occhi bene aperti lungo le spiagge emiliane e romagnole.
Filippo Donati