
Marco Marcatili, direttore sviluppo di Nomisma, riflette sulle aree dismesse in città
Il caso della Stamoto, dove la burocrazia e i permessi continuano a frenare gli usi temporanei che il Comune vuole da tempo. Ma anche la Staveco, l’ex Scalo Ravone (dove la rigenerazione è partita) e tanti altri complessi dismessi e abbandonati da tempo. Per Marco Marcatili, direttore sviluppo di Nomisma, una chiave di lettura per sbrogliare i nodi di un patrimonio immobiliare da recuperare, in realtà, c’è. "A Bologna, su questo fronte, non c’è immobilismo come ripete qualcuno – taglia corto lui –. Anzi: un tempo si diceva che Milano si muoveva e rigenerava, mentre Bologna restava ferma. Oggi la percezione va ribaltata perché non è più così: piano piano la città si trasforma e, nonostante le zavorre, qualcosa si muove".
Marcatili, di che tipo di zavorre parliamo?
"Abbiamo tre questioni a livello nazionale che devono essere affrontate se vogliamo mettere mano a queste aree".
Quali, nello specifico?
"La prima: c’è bisogno di un quadro normativo urgente, perché altrimenti alcune aree dove si poteva già partire con gli usi temporanei (ad esempio la Stamoto, ndr) restano ferme. Ci sono diverse zone in città in cui la rigenerazione non è partita principalmente per questo motivo".
Poi?
"Se si vuole davvero mettere in campo una rigenerazione urbana, il valore di carico – cioè il valore che i proprietari corrispondono a grandi agenzie pubbliche statali – deve diminuire".
Qualche esempio?
"Mi viene in mente l’ex Scalo Ravone, ma più in genere tutte le aree bolognesi hanno valori di carico troppo elevati perché chi l’ha messe in pancia registra valori di bilancio elevati: così non è possibile".
Una soluzione c’è?
"Ci sono soggetti diversi: da un lato lo Stato, che è il proprietario; dall’altro i Comuni e il territorio, che devono agire. Sembra che questi ultimi siano fermi, ma deve esserci un nuovo patto per trovare un meccanismo e far sì che ci sia una ‘mezza svalutazione’ o comunque una diminuzione del valore di carico".
E la terza zavorra?
"Le bonifiche".
Ci dica di più.
"Vanno predisposte delle risorse se si vuole fare rigenerazione per alcune tipologie e funzioni. Va creato, insomma, un fondo per le bonifiche, altrimenti tutto diventa insostenibile".
Bologna, quindi, non è indietro su questi fronti...
"No, al contrario, rispetto al panorama nazionale ci sono più iniziative in campo. La città si muove, nonostante le zavorre. Ecco perché dico che la percezione va ribaltata. Poi è chiaro: per fare rigenerazione urbana ci vuole tempo, soprattutto perché questi aspetti pesano. Ma bisogna agire su questi tre punti principali, non serve altro".