Storie di antifascisti spediti in manicomio

Renato Sasdelli racconta 53 vicende bolognesi di persone internate "per dissenso politico"

Migration

C’è la storia di un anarchico che volontariamente entra ed esce dal Roncati per non dormire sotto i portici e cibarsi con i rifiuti delle caserme. C’è la vicenda di un emigrato rimpatriato dagli Stati Uniti perché renitente alla leva che finisce in ospedale psichiatrico dove si compromette definitivamente urlando ‘Abbasso Benito’. E contro Mussolini si scaglia anche una prostituta fermata in piazza XX Settembre che inveisce agli agenti sostenendo che quando il duce morirà smetteranno di arrestarla: una dichiarazione che le costa il ricovero.

Sono 53 i casi che Renato Sasdelli, ex docente alla facoltà di Ingegneria ma attento studioso della Storia del ‘900, racconta nel suo libro ‘Quei matti di antifascisti’ (Pendragon). Sono le vicende, tutte bolognesi e tutte raccolte nell’arco di tempo che va dagli anni ‘30 alla Liberazione, di anarchici schedati, militanti antifascisti, gente in contrasto con il regime per la misere condizioni di vita, uomini rei di aver cantato inni socialisti magari in osteria, ex ragazzi del ‘99...

Persone finite appunto in manicomio perché, spiega l’autore, "la legge in vigore fino al ‘78 diceva che doveva essere ricoverato chi procurava danno a se stesso e agli altri ma anche chi dava pubblico scandalo".

Il volume è frutto di un’attenta ricerca documentale sulle carte di polizia e sulle cartelle sanitarie dei frenocomi di Bologna ed Imola. "La repressione psichiatrica del dissenso politico – chiarisce Sasdelli – è tipica dei regimi totalitari non solo fascisti".

Fra i tanti casi narrati c’è quello di Giuseppe Massarenti, il sindaco di Molinella internato nel 1937 in un manicomio romano che poté tornare libero solo alla fine della guerra. In ospedale psichiatrico, però, finivano anche persone affette da malattie scambiate per follia (è il caso di un comunista epilettico rinchiuso per molto tempo al Roncati) o figure di rilievo politico vittime delle faide tra ras. È il caso del capo squadrista Augusto Regazzi fatto internare dal potente Leandro Arpinati, vice-ministro agli Interni. Lui quella volta riuscirà a cavarsela mentre per Arpinati arriveranno tempi difficili.

c. cum.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro