Storie di arte e di vita al Collegio Venturoli

In mostra le opere di dieci artisti che, giovani allievi accolti nella struttura, hanno poi dato vita al Verismo dell’Ottocento bolognese

Storie di arte e di vita al Collegio Venturoli

Storie di arte e di vita al Collegio Venturoli

Le mille storie serbate dietro il portone del Collegio Venturoli invia Centotrecento, da oggi ci raccontano un nuovo episodio, quello di dieci artisti bolognesi che si formarono qui – vivevano e studiavano gratuitamente al Collegio, voluto dall’architetto Angelo Venturoli – e che dal loro ingresso nell’istituzione all’età di 12 anni, iniziarono a sviluppare il proprio stile per poiraggiungere la notorietà e dar vita al Verismo Bolognese. ’Lo sviluppo del talento’ è il titolo di questo originale progetto espositivo ed editoriale curato da Dante Mazza, presidente della Fondazione, che riunisce opere eseguite nel corso dell’Ottocento dagli artisti Cesare Bacchi, Ettore Buttazzoni, Filippo Buriani, Luigi Busi, Cleto Capri, Raffaele Faccioli, Ermenegildo Giorgi, Giovanni Masotti, Giuseppe Romagnoli e Luigi Serra. Dieci nomi affermati di cui si possono vedereda una parte i disegni e le iniziali esercitazioni di pittura, con l’indicazione dell’età anagrafica di esecuzione e dall’altra le opere della maturità (cioè attorno ai 20 anni, quando si concludeva la formazione) donate al Collegio dagli stessi autori in segno di gratitudine o acquistate dagli amministratori dell’Istituto.

L’aspetto che la mostra vuole mettere in evidenza, è anche la precocità di questi artisti che entravano in Collegio perché portati per l’arte, ma privi di mezzi economici. Come Cesare Bacchi, una delle carriere più fortunate fra gli alunni del Venturoli, che entra nel 1894 e nel 1906 si trasferisce a Parigi dove si sposa due volte, la seconda con l’ereditiera Tanette Otis Mueller. La sua consacrazione avviene coi ritratti di Franz Schubert, Charles Baudelaire e Paul Verlaine e la sua ’Veduta di un viale della Montagnola’, olio su tela del 1901, è una fotografia emozionante dell’epoca. Cleto Capri, invece, classe 1873, ha lasciato l’opera ’Flava Ceres’, conosciuta anche come ’Mietitura a Sabbiuno’, un grande dipinto che ci fa entrare in uno spaccato di vita agricola del tempo sullo sfondo di un paesaggio appenninico segnato dai calanchi. Ecco Luigi Serra, classe 1846, senza dubbio il pittore di maggior importanza che Bologna abbia avuto nella seconda metà del XIX secolo. Lasciata la nostra città va a Firenze e poi a Roma dove dipinge ’Annibale Bentivoglio nel castello di Varano’ portato nel 1870 all’Esposizione Nazionale di Parma e visibile nella mostra che comprende circa 150 opere tra disegno e dipinti. Suo compagno di studi è Raffaele Faccioli e l’insegnante di Figura è Gaetano Serrazanetti… un vero dispiegamento di cognomi bolognesi! Come Filippo Buriani, discendente di una famiglia titolata, residente nel quartiere felsineo del Borghetto di San Francesco, i lcui garante era lo zio Raffaele Buriani, fondatore del periodico ’La farfalla’ e il cui padre, seppure orafo, si era ritrovato in "isciagure domestiche" e aveva cercato di collocarlo al Venturoli. Questa mostra è in effetti un grande spaccato d’epoca con storie intriganti di vita e di arte.

Benedetta Cucci