Storie di donne e madri in quei Nove mesi dopo

Al Lumière l’anteprima del docufilm. Contini: "C’è un copione per c le neo-mamme devono essere solo felici, invece c’è un intreccio di emozioni"

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di Letizia Gamberini

Quello che le donne non dicono. O non dicono abbastanza. E’ l’insieme di sentimenti contrastanti vissuti dalle neo-mamme, cui dà voce, invece, il docufilm di Mariagrazia Contini, Paolo Marzoni e Vito Palmieri, con la produzione di Ibc Movie e Rai Cinema. I nove mesi dopo – questo il titolo della pellicola, che sarà proiettata stasera in anteprima alle 20 al cinema Lumière, in replica domani alle 18 – rientra nell’ampia cornice di Matria, il progetto Ert che si sta articolando fra tanti eventi, tutti dedicati al mondo della maternità. Contini, per una vita professoressa universitaria di Pedagogia e Filosofia dell’Educazione, si è concentrata sul delicato momento che ogni donna vive dopo il parto e sarà in sala con i registi e alcune mamme protagoniste.

Contini, perché questo tema?

"C’è come un copione sociale e culturale che pretende che le neo-mamme siano solo felici. Oppure si parla di depressione post-partum e allora se ne fa carico la medicina...".

E invece c’è tutta una zona ’grigia’...

"Moltissime neo-mamme provano sia felicità che un senso di inadeguatezza. Tante cose cambiano con la nascita di un figlio, basti pensare al corpo. Per mesi tutti ti dicono quanto è bello il pancione, ma dopo il parto non te lo dice certo più nessuno. E poi c’è il rapporto con il partner, che continua a vivere in mezzo alle altre persone. Non voglio che queste donne si sentano sbagliate".

Come si sviluppa la narrazione?

"Abbiamo trovato varie tipologie di madri. C’è la ’primipara attempata’ di 44 anni, la coppia di mamme sposate, la ragazza emblema della precarietà (l’unica non bolognese, ndr) e un’altra che venne adottata da bambina e vive la maternità come riscatto. Hanno vissuti diversi, ma in tutte c’è la mescolanza, l’intreccio, di emozioni positive, ma anche ansia e incertezza. Per le riprese siamo entrati nelle loro case, finendo appena prima della pandemia".

Come si possono aiutare queste donne?

"Stanno meglio quando hanno qualcuno vicino. L’altro scoglio, infatti, è la solitudine: non ci sono più famiglie allargate e spesso i parenti vivono in altre città. Bisogna chiedere aiuto e ora anche l’Istituto superiore di Sanità ha diramato linee guida".

Lei si è approcciata al cinema dopo una carriera accademica ed è al suo terzo lavoro.

"Sì, sono stata fortunata per questa nuova vita. Il primo documentario è stato Corpi bambini. Sprechi di infanzia, sull’adultizzazione dell’infanzia, mentre l’altro è Non più, non ancora sugli adolescenti. Di questo terzo e ultimo film sono già arrivate molte richieste di proiezioni".

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