Bologna, il 2 agosto? Sotto le erbacce

Le macerie della stazione abbandonate nell’ex caserma San Felice

L'ex caserma 'San Felice' (Foto Ansa)

L'ex caserma 'San Felice' (Foto Ansa)

Bologna, 6 giugno 2018 - La memoria e la vergogna. La memoria è quella che da sempre i familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 cercando di tenere viva, la vergogna è quella che si prova scoprendo che le macerie della stazione sventrata dalla bomba sono in uno stato di totale abbandono da 38 anni. Proprio così.

Strage alla stazione di Bologna
Strage alla stazione di Bologna

Le macerie si trovano infatti all’ex caserma San Felice, ai Prati di Caprara, all’aperto, quindi esposte alle intemperie, e ormai sepolte sotto una fitta vegetazione. L’ha scritto il Demanio alla Digos, che aveva chiesto informazioni su incarico della Procura. È tutto agli atti del processo bis sul 2 agosto, attualmente in corso, che vede alla sbarra l’ex Nar Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage commessa dai tre ex Nar già condannati in via definitiva: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.

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La corte d’Assise ha disposto una nuova perizia sia sui reperti della bomba, che però erano conservati altrove e sarebbero stati nel frattempo distrutti, sia sulle macerie in cerca di eventuali elementi utili da rianalizzare con le più moderne e sofisticate tecnologie di oggi. E così la Procura ha incaricato la Digos di trovare tutto quello che è ancora conservato e la risposta del Demanio è stata questa: "Da apposito sopralluogo è risultato che le macerie depositate nel settembre 1980 si trovano ancora nel sito, nel lato nord ovest al confine con il muro di cinta e l’ingombro può essere stimato in 80 metri di lunghezza, tre di larghezza e uno e mezzo di altezza".

Dunque, sono lì dai giorni successivi all’eccidio. L’ex caserma è in carico al sesto Reparto infrastrutture del Demanio e dal 2007 è in concessione al Corpo militare della Croce Rossa. "Il materiale – aggiunge il Demanio – non è coperto e conseguentemente è stato esposto in questi anni alle intemperie meteorologiche e alla spontanea crescita di vegetazione; attualmente l’accesso all’area risulta altresì difficoltoso se sprovvisti di mezzi".

Insomma, un abbandono totale. Un destino opposto ai resti di un’altra strage, quella di Ustica. I rottami del DC9, infatti, sono finiti come noto nel museo alla memoria in cui è stato ricostruito l’aereo abbattuto. E se lo Stato dà l’ennesima prova di non saper conservare a dovere la propria memoria, almeno i privati cittadini danno l’esempio contrario. Al perito incaricato dalla Corte d’Assise, infatti, saranno consegnati indumenti e borse conservati dai parenti delle vittime.

"Su abiti e borse – spiega il presidente dell’associazione Paolo Bolognesi – potrebbero essere ancora presenti dei residui in grado di fornire informazioni sull’esplosivo, perciò ci ha detto il perito che potrebbero essere utili. Al momento stiamo facendo una sorta di ‘censimento’, chiedendo ai nostri associati se hanno conservato qualcosa".

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