Strage, Cavallini-Bellini: aria tesa in aula

L’ex Nar, sentito nel processo contro l’esponente di Avanguardia, non risponde ai giudici. Poi al Carlino: "Non l’ho mai visto, sono stufo"

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di Nicola Bianchi

"Sono esausto, mi sono svegliato alle 5 per essere qui...". Rieccolo a Bologna il ’Negro’. Nuovamente in tribunale, stessa aula, la 11, ma questa volta con una ’pettorina’ diversa: non imputato, bensì semplice testimone. Stesso processo, la strage del 2 agosto 1980, ma con un saltino in avanti verso la verità: la caccia ai mandanti. Faccia tesa quella di Gilberto Cavallini, ex Nar, condannato a gennaio 2020 in primo grado all’ergastolo (in autunno l’appello) per concorso con Fioravanti, Mambro e Ciavardini nella carneficina alla stazione: 85 morti, 218 feriti. "Ma a Bologna – ribadì dopo il ’fine pena mai’ – non siamo noi a dover abbassare gli occhi".

L’incontro. A pochi passi c’è l’ex primula nera Paolo Bellini, l’altro sanguinario criminale di Avanguardia Nazionale, per gli inquirenti "il quinto uomo" della bomba. Due estremisti di destra, uno accanto all’altro: aria pesante, nessuno sguardo, zero cenni. Cavallini, cappellino nero, mascherina e occhiali scuri, si presenta davanti alla Corte alle 11.30 per andarsene cinque minuti dopo. "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere signor presidente". Imputato di reato connesso, un suo diritto. E il suo silenzio lo aveva preannunciato con una lettera all’Assise, tramite i legali Gabriele Bordoni e Alessandro Pellegrini, cosa che non gli ha però evitato il viaggio da Terni (dove è ristretto in semilibertà) a Bologna. "Bellini – dice all’uscita – non so manco chi sia. Mai conosciuto in vita mia. L’ho già detto e lo ripeto, inutile andare avanti con questa storia, sono stufo".

L’agenda. Ma per la Procura generale, che sta processando i "finanziatori e organizzatori" della strage – Gelli, Ortolani, D’Amato, Tedeschi, tutti morti, insieme a Bellini, Catracchia e Segatel –, il rapporto tra i due sarebbe provato da un foglio trovato nell’agenda di Cavallini. Una lista di nomi di estremisti di destra, accanto una data e un reato: tra questi c’è un ’G.Bellini’ seguito da un ’Tent.Om.’. Tentato omicidio, per i magistrati, commesso da Bellini esattamente nella data riportata a fianco. Ma entrambi i criminali hanno sempre negato rapporti o vicinanze, e quel ’G.Bellini’ sarebbe solo "una coincidenza".

"Pericoloso". Di Bellini – ladro, omicida, collaboratore dei carabinieri nell’ambito della trattativa Stato-mafia, fino ad ora rimasto in secondo piano nel processo – ha parlato a lungo l’antiquario Agostino Vallorani, sette anni di condanna per un traffico di opere d’arte. "Bellini? – attacca – Per me era un personaggio pericoloso". Parole non certo apprezzate dall’aviere di Reggio Emilia, molto nervoso, che al sentirle ha lasciato momentaneamente l’aula. "Lo conobbi con il nome brasiliano di Roberto Da Silva – ha aggiunto –, si diceva fosse protetto dal procuratore di Bologna (Ugo Sisti, ndr)". E’ il 1992, rapina alla Galleria Estense di Modena, Vallorani viene contattato dal maresciallo Roberto Tempesta: "Mi devi aiutare a trovare i responsabili, mi disse. Si sospettava che il colpo fosse opera di Felice Maniero e proprio Bellini era il più adatto a contattarlo. Così lo chiamai". Vallorani, sempre per l’Arma, fu incaricato di controllare la barca a Ibiza dell’ex faccendiere Francesco Pazienza. "Ma quando sentii puzza di Servizi, scappai". In mattinata sono stati sentiti anche i giornalisti Gian Antonio Stella e Edoardo Raspelli in merito alla conoscenza con l’ex prefetto Umberto D’Amato.

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