Strage, chiesto il giudizio per Bellini e gli altri tre

La Procura generale: "L’ex primula nera fu il ’quinto uomo’ del 2 agosto" Nel mirino poi un finanziere: "Fece sparire il ’Documento Bologna’ di Gelli"

C’è l’ex primula nera, ritenuto "il quinto uomo" degli esecutori della strage in stazione. Ci sono l’anziano dirigente dei Servizi e l’ex carabiniere, che "negando il vero" avrebbero depistato le indagini; e c’è il proprietario dell’appartamento di via Gradoli 96 (già covo delle Br), che, su precisa domanda dei magistrati, avrebbe mentito sulla sua locazione a un uomo ritenuto vicino ai Nar.

Così, tre mesi e una manciata di giorni dopo l’avviso di fine indagine, la Procura generale ha chiesto il rinvio a giudizio per Paolo Bellini, ex di Avanguardia nazionale, ritenuto uno degli esecutori della strage in stazione; Quintino Spella e Piergiorgio Segatel, accusati di depistaggio; e Domenico Catracchia, indagato per false informazioni al fine di sviare le indagini. Il provvedimento è firmato dall’avvocato generale Alberto Candi, dai sostituti Umberto Palma e Nicola Proto e vistato dal procuratore generale Ignazio De Francisci. Per altre quattro posizioni è stata invece richiesta l’archiviazione, dato che tutti gli indagati sono morti da anni: si tratta del Maestro venerabile della P2 Licio Gelli, del ’tesorirere’ della loggia massonica Umberto Ortolani – entrambi ritenuti esecutori in concorso della strage, nel ruolo di mandanti e finanziatori –, dell’ex prefetto Federico Umberto D’Amato, "mandante e organizzatore", e di Mario Tedeschi, giornalista "organizzatore" che avrebbe aiutato D’Amato a gestire "mediaticamente" la strage e a depistare le successive indagini.

Su Gelli si concentra buona parte dell’indagine, come su quel ‘documento Bologna’, l’appunto che gli fu sequestrato all’arresto in Svizzera. Documento che non sarebbe stato allegato al verbale di interrogatorio del Venerabile il 2 maggio 1988, nell’ambito dell’inchiesta sul crac del Banco Ambrosiano. Di questa omissione è sospettato dalla Procura generale un militare della Guardia di Finanza, all’epoca in servizio a Milano, che partecipò all’interrogatorio di Gelli.

Nel documento c’era l’intestazione ‘Bologna - 525779 - X.S.’, con il numero corrispondente a un conto corrente a Ginevra riconducibile a Gelli. E la prima pagina del documento, con scritto il nome della città, non sarebbe stata fotocopiata dal finanziere, secondo l’accusa per non far emergere il riferimento al luogo della strage.

A quanto pare però questa posizione potrebbe essere destinata all’archiviazione per prescrizione.

Quello per cui ieri l’altro sono state presentate le richieste di rinvio a giudizio, è il primo troncone dell’inchiesta, mentre un secondo resta tuttora in corso, per fare luce su ombre che persistono da quasi quarant’anni.

Federica Orlandi

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