Due agosto, il ricordo: "Vedevo la gente colorata. Rossa di sangue, bianca di polvere"

Patrizia Poli è una dei 200 feriti: "Ci cambiarono il binario"

Strage del 2 agosto: la commemorazione a Bologna

Strage del 2 agosto: la commemorazione a Bologna

Bologna, 3 agosto 2014 - CHI SOPRAVVIVE a una tragedia immane finisce per essere vittima due volte. La prima per le ferite (fisiche e psicologiche), la seconda per l’inevitabile senso di colpa e quella domanda assillante che risuona da 34 anni: «Perché loro e non io?». Mentre racconta queste sensazioni Patrizia Poli si tiene vicino le due figlie, Valentina e Francesca.

Troppo piccole per ricordare la strage (solo una era nata e aveva un anno), ma trascinate inevitabilmente dentro un ricordo doloroso. «Quando ero piccola mia madre aveva paura di ogni suono forte, era molto ansiosa», racconta la figlia. «Quando le dicevo che sarebbe potuta rimanere orfana lei non lo voleva sentire», aggiunge la signora Poli, che vive a San Lazzaro. 

E’ UNA dei duecento feriti nella strage, assieme al marito Ettore Orlando, che schiva il taccuino e lascia la parola alla consorte. Basta la sua voce per raccontare ogni istante di quel 2 agosto del ’80. «Avevamo 23 anni e stavamo raggiungendo alcuni amici a Roma — racconta la donna appena prima di entrare nella sala del Consiglio di Palazzo d’Accursio —. Per un errore del destino ci hanno spostato dal binario uno al tre». E probabilmente per questo Patrizia e Ettore sono ancora vivi. «Qual è il ricordo più vivo che ho? La sensazione dello spostamento d’aria».

Dopo la deflagrazione e il crollo, Patrizia Poli riapre gli occhi e ciò che vede subito, ciò che percepisce, sono persone ‘colorate’. «Alcune erano tutte nere, di pece. Altre bianche di sabbia da calcinacci. E altre erano rosse, di sangue». Un dipinto del terrore quello che fa la superstite. «Sul momento non ti rendi conto di nulla. Poi inizia il senso di colpa, perché tu sei stato risparmiato». C’era anche un suo compagno di scuola quel giorno in stazione, lei non lo sapeva. «Lui non ce l’ha fatta. Ci hanno portato al Sant’Orsola e improvvisamente sono stata catapultata in una guerra». 

UNA GUERRA psicologica, invece, l’ha dovuta combattere per molti anni Giovanna Lauro, di Grosseto, che il 2 agosto del 1980 ha perso entrambi i genitori. «Per 25 anni non sono riuscita a venire alla celebrazione — racconta mentre si appoggia, curva, al braccio dell’accompagnatore —. Io ero la prima di sette figli, la mia vita è ovviamente cambiata radicalmente». Improvvisamente madre dei propri fratelli, sconvolta per quella perdita innaturale, Giovanna Lauro non ce l’ha fatta: «Ho avuto problemi psicologici. Non potevo entrare nelle gallerie e dormivo fino a pochi anni fa con la luce accesa». Paure insensate, come insensato è quel 2 agosto del ’80: «Non l’accetto, non l’accetto ancora. Ora voglio la verità. Solo questo».

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